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F1, Messico e nuvoleLeo Turrini - 28 ottobre 2016

Andai per la prima volta in Messico nel 1989.
Stava ormai deflagrando la guerra civile tra Senna e Prost.
Nel presente, mi capita spesso di essere interpellato sul tema: ma il duello iridato tra Rosberg e Hamilton può essere equiparato alla disfida tra Alain e Ayrton?
Beh, l’unica similitudine che vedo io e’ che anche Lewis e Nico usano la stessa macchina. Nel loro caso la Mercedes. Allora, la McLaren.
Già allora, parlo di oltre un quarto di secolo fa!, il pilota da solo aveva da un pezzo smesso di fare la differenza.
E sin dall’alba degli anni Ottanta un certo Enzo Ferrari aveva corretto la sua antica teoria, quella sul cinquanta e cinquanta nei meriti da spartire tra manico e mezzo. Il Drake arrivo’ a parlare di novanta e dieci, ovviamente a favore della macchina.
Per questo tifare per il pilota e’ cosa buona e giusta, ma a patto di sapere che Senna non avrebbe vinto con la Minardi così come Hamilton non vincerebbe con la Manor.
Infatti Ayrton sosteneva che il driver migliore aveva diritto alla vettura più veloce. Pensava a se stesso, si capisce.
Ciò premesso, Messico e nuvole, con le nuvole che stanno sospese sulla amatissima Ferrari.
“Al piov? Benessum.
“Al neiva? Benessum.
“Grandina? Ancora mei”
(Andrea Mingardi, caro amico. Nonché grande ferrarista)
Ps. Spazio sotto per chi volesse narrare le prove messicane)