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La nuova Ferrari e il dovere della cautelaLeo Turrini - 14 febbraio 2017

L’eccitazione che circonda l’arrivo imminente della nuova Ferrari è facilmente comprensibile. Nonché giustificabile.

E’ sempre così, dai tempi dei tempi. Anzi, se posso permettermi, nei giorni gloriosi di Gilles o di Prost-Mansell l’attesa era persino più ‘calda’.

Anche perché allora, beata ingenuità!, osavamo immaginare che dalle fattezze di una vettura si potesse coglierne il potenziale.

Mi svegliai tutto sudato nel 1992, di fronte ai primi risultati dell’auto rossa di Alesi e Capelli.

E da allora non ci casco più.

Voglio dire questo.

Non esiste alcuna informazione credibile, a oggi, su quello che sarà il rendimento in pista delle macchine iscritte al mondiale.

E’ un tirare a indovinare.

Solamente sul finire della seconda sessione di test a Barcellona sarà (forse) possibile esprimere una valutazione abbastanza precisa.

Con le riserve del caso, perché poi diverse cose sulle monoposto potranno ancora essere cambiate prima di Melbourne.

Non faccio pronostici appunto in ragione di una cautela suggerita dalla esperienza.

So come stanno lavorando a Maranello. Il ‘modulo orizzontale’ voluto da Marchionne è una grande scommessa, è stato applicato anche fisicamente nel cuore del reparto corse, abolendo porte e barriere.

Ma come si fa a sapere se funzionerà?

Altra cosa sono le sensazioni, le impressioni epidermiche. Le tengo per me semplicemente perché una intuizione può anche rivelarsi sballatissima.

Dico e chiudo così.

Il 24 febbraio viene presentata una ipotesi di Ferrari.

Tenete però d’occhio, il 23 se ricordo bene, lo show Mercedes.