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Alesi e MontrealLeo Turrini - 7 giugno 2017

“Debbo affettuosamente dirti che sei sempre la solita testa di ca…”

Gli incontri fra me e Jean Alesi hanno sempre lo stesso epilogo.

Infatti io lo congedo dicendogli, più o meno: ti ricordo che tu hai vinto appena un Gran Premio più di me, con la sola differenza che ne hai disputati 202 e io zero”.
La qual cosa aritmeticamente è ineccepibile.

Ma solo statisticamente.

Infatti io ho una venerazione per Giovannino.

Sarà stato perchè eravamo quasi coetanei.

Sarà stato perchè per le corse europee si imbarcava sempre a Bologna sullo stesso charter il giovedì mattina e regolarmente in volo mi diceva: stavolta spero di farcela e ovviamente non ce la faceva mai.

Sarà stato perchè ha guidato la Ferrari di una epoca cupa e grama, quando era persino normale che la Rossa finisse doppiata da chi vinceva.

E lui lì, inesorabilmente testardo, a provarci. A prescindere.

Mi ricordo che nella tarda estate del 1995 ormai era praticamente ufficiale la decisione di Montezemolo di puntare su Schumi.

Internet era agli albori e i giornali ancora facevano i sondaggi popolari invitando i lettori a chiamare il tal numero di telefono.

Rimasi sbalordito, catalogando le centinaia e centinaia di opinioni raccolte al centralino.

Il 92% dei ferraristi preferiva la permanenza di Giovannino all’arrivo di Michelone!

Era chiaramente un errore, figlio della passione.

Ma spiegava tanto.

Io ho voluto e ancora voglio bene ad Alesi perchè incarnava, agli occhi, la pulsione dell’amore impossibile.

Lui avrebbe dato tutto pur di consacrarsi campione con la Rossa. Non desiderava altro. Aveva compreso in fretta che il sogno non si sarebbe mai materializzato. Non per colpa sua.

Però, invece di cedere alla disperazione, era contento di quello che aveva. Del sogno impossibile.

Il destino poi è stato crudele con me, inteso come guardone di cose da autodromo.

L’unica vittoria che Alesi può vantare più di me medesimo in pista.

Montreal 1995.

E io non c’ero!!!

Stavo al mare con famiglia.

Lui ci fece caso e al Gp successivo mi accolse così: merdone, non te lo perdonerò.

Invece un attimo dopo mi abbracciò e mi disse: la famiglia è più importante di un amico pilota che non vince mai.

Che Dio accompagni sempre quest’uomo sui sentieri della vita.