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La Ferrari come Apollo 13: abbiamo un problemaLeo Turrini - 24 giugno 2017

Una volta andarono a raccontare a Winston Churchill che sul fronte bellico i tedeschi passavano da una vittoria all’altra.

Il premier britannico convocò i collaboratori e disse loro: signori, questo non è l’inizio della fine. Semmai, è la fine del principio.

Voglio dire questo.

Il mondiale non finirà a Baku, qualunque sia l’esito del Gran Premio.

Avevo anticipato di non avere sensazioni troppo incoraggianti, ma insomma.

Qui si tratta di comprendere come la Mercedes abbia risolto il disagio gomme che fino a Montecarlo ne caratterizzava la prestazione, pure quando vinceva.

E bisogna capire fino a che punto la Ferrari del sabato azero sia stata condizionata da fattori esterni (le mescole scelte da Pirelli, le noie mattutine sulla macchina di Seb, il circuito strano strano, ect ect).

La cosa sorprendente è che di venerdì, sul passo gara almeno, tutta questa differenza, in negativo, non si coglieva.

Quindi, yes: Houston (anzi, Maranello) abbiamo un problema.

Quelli di Apollo 13 lo risolsero, lo risolveranno anche quelli della SF 70 H.

Quanto al distacco, ovviamente su una pista da 1’40” se stai dietro becchi più che su una pista da 1’10” ma fin qui ci arriviamo tutti, I suppose. Io poi lascerei perdere Hamilton, si sa come la penso sul conto suo, al volante è un grande, non ne apprezzo il modo di essere fuori dall’abitacolo ma quando guida da Re Nero bisogna lasciarlo stare.

Il problema di Apollo 13, pardon, SF 70 H in versione qualifiche di Baku è il ritardo di Raikkonen e Vettel nei confronti di Bottas.

Come diceva Andy Luotto vestito da sceicco in un glorioso show tv di Renzo Arbore (così facciamo anche gli auguri al maestro per i suoi ottant’anni): NOOOOO BUOOOONOOOOOOO.

But it’s not over until is over e la guerra del mondiale mai pensato che si decidesse nella orrida Baku.

Buona domenica a tutte e a tutti e spazio sotto per chi volesse vivere in compagnia nostra il Gran Premio.