Profondo Rosso

…e finalmente Patrese diventò ferrarista

Sempre a proposito di libri.

Davanti a un muro di gente, ho presentato a Maranello il volume fotografico di Ercole Colombo, mago del click, nonché Grande Suocero del Genero Dom, inteso come Domenicali Stefano da Imola.

Lascio il racconto della magica (sul serio) serata al prode Emi Emi, sbucato misteriosamente da una botola manco fosse Jean Todt.

Mi permetto solo di esternare la mia soddisfazione per avere finalmente portato a Maranello il caro Riccardo Patrese. Il quale Rick, dal figlio pilota scortato, ha pure detto che Verstappen sta già ai livelli di Senna, Schumi e Hamilton, storicamente parlando.

ps. Chi volesse incontrarmi per parlare di Inter, nonché di Ferrari, può…transitare dal Guru del Bop, alias Ricccris, il quale notificherà sotto il suo contatto.

E adesso, Emi.

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EMI EMI SCRIPSIT

“Dove sei?”
Al Montana a pagare il conto di Patrese e Colombo.
Ecco dov’ero.
Qualcosa sullo stile delle cianfrusaglie di Ross Brawn dentro il garage del Nume. Un affitto mai visto che vale un biglietto a teatro. Il teatro della vita, in questo caso delle corse. Perché se un auditorium come l’Enzo Ferrari di Maranello è stracolmo di gente e tu sei lì, in mezzo a un pubblico di appassionati in attesa dell’ennesima storia, l’ennesimo racconto sul mito del Cavallino, ecco, puoi solo chiederti cosa riempia sempre allo stesso identico modo un circuito piuttosto che un luogo chiuso. Senza distinzione di classe e appartenenza sociale.
Dovrebbe bastare per giustificare i sospesi altrui al Montana.
È bastato.
Pure ampiamente.
Un titolo per un libro: “Ferrari nel cuore della F1”. Una storia per immagini attraverso gli scatti di Ercole Colombo all’interno di un volume curato da James Allen. Il tutto impreziosito dalla testimonianza diretta di Piero Ferrari e Riccardo Patrese, oltre che dello stesso Ercole dal palco dell’auditorium. Alesi, annunciato ospite dell’evento non riesce a essere fisicamente presente alla serata, ma è comunque collegato via web. Bonifica e conduce magistralmente Leo Turrini, come nemmeno Spalletti potrebbe audacemente osare pensare nel cercare di tenere inchiodato quella sera stessa a Maranello e dintorni un qualsiasi spettatore davanti al televisore per seguire la partita della Nazionale.
2-0 Sull’Ucraina.
“Tranquilli, andrà tutto bene.”
Per un attimo il Nume mi appare telegenico come Biscardone e i suoi “sgub”. Non ironizziamo. La classe non è acqua. Ieri come oggi.
Dal palco si gioca un’altra e tutt’altra partita. Con palla figurata dei ricordi che rimpalla da un protagonista all’altro. Niente. Il Nume non perde un colpo e tiene le fila come un implacabile Rivellino del microfono: immarcabile a ogni variazione di gioco, nel rimembrare una epica strizzata di Patrese alle palle di Mansell, piuttosto che la nebbia di Silverstone, in grado di dichiarare agli occhi del pilota padovano tutto il talento di un giovane Schumacher in Benetton (si…sempre lui…quello del conto da saldare al Montana…). Ad Alesi, il Nume rammenta di aver vinto meno di Patrese. Peccato Riccardo non abbia mai corso con la Rossa, mentre Jean rimane un pezzo di cuore di tanti ferraristi. Apprezza la strenua difesa del catenacciaro Colombo sulle sorti familiari del genero Stefano Domenicali, a capo di Liberty Media, mentre alcune delle sue inimitabili foto, viaggiano proiettate sullo schermo sopra alle nostre teste. Invece con Piero Ferrari…con Piero no. Non c’è ruolo possibile da potergli assegnare. Quello è affetto vero. Non è il peso di un cognome importante, nonostante un garage di auto d’epoca equiparabile al controvalore in borsa di FCA (così parlò il Nume). Una cosa dl genere non la si può misurare, come il litro di benzina dentro la Ferrari Mondial che ha portato a spasso papa Wojtyla sul circuito di Fiorano con Piero alla guida. Poteva finire. Non è finito. Benedizione cabriolet sotto il cielo di Maranello.
So solo che anche Piero, per sua stessa ammissione, non apprezzi il Bop e tante altre amenità correnti. Credo davvero che Le Mans, abbia risvegliato in lui ricordi importanti.
Ricordi ferraristi e della propria vita con papà Enzo.
Quando stringe tra le mani una copia del mio libro su Amon, per un attimo, nel vedere il suo sguardo stupito e sorpreso mi tremano le gambe. Forse in quello stesso attimo ho provato la stessa strizza di Lauda al Fuji. Lui, alto nel palco mi sembra irraggiungibile rispetto a me, in basso in platea. Mi stringe la mano e non ho tempo di pensare a nulla, se non che la storia mi stia fisicamente toccando. Sembra “la carezza del re” di Coretti padre nel libro “Cuore” di De Amicis.
Cose che solo a Leo magicamente riescono.
“Ho parlato con Oreste. Tutto a posto artista. Ti aspetto con me a Forlì.”
Ragioniere. Come il bianconiglio di Ezio Greggio in “Drive In”.
“Romanzo Inter “ bussava già alla porta. Era già tempo di un’altra storia.
Bello sentirsi complici, di un uomo così.

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