Profondo Rosso

L’ultimo Gp di Massa (in tribunale)

Ne parlo perché a Felipe glielo devo.
Beninteso, ritengo che la vicenda appartenga ad un passato ormai remoto.
Per capirci, chi stava all’asilo nel 2008 oggi è un giovane uomo nei suoi vent’anni e giustamente manco sa di cosa parlerò qua sotto (tra parentesi: è tipico di vecchi tromboni come me dare per scontato che pure le nuove generazioni conoscano cose che invece sacrosantamente ignorano. Ed è un grave errore di noi tromboni).
Ma insomma.
Ero a Singapore nel 2008. Stavo pure ad Interlagos, stesso anno.
Qualcuno giura di avermi pure visto a Scipione l’Africano in quel di Zama.
Vabbè.
Quanto vale un mondiale di Formula Uno perso in maniera rocambolesca? Un po’ più di ottanta milioni di dollari. E’ questa la somma che Felipe Massa sta chiedendo come risarcimento danni per l’incredibile epilogo del campionato 2008. La causa viene discussa davanti alla Corte Reale di Londra, competente territorialmente. Forse già domani, venerdì, si conosceranno le intenzioni di Sir Robert Jay, il giudice cui e’ stato affidato il procedimento.
I fatti, per come li ricordo io. Nel 2008, Massa guidava la Ferrari. Perse il titolo iridato per un punto, a beneficio di Lewis Hamilton, che all’epoca guidava la McLaren. L’atto finale ad Interlagos fu drammatico: Felipe davanti alla sua gente vinse il Gp del Brasile e già stava festeggiando la conquista pure del Mondiale, ma in extremis Hamilton sorpassò’ le Toyota di Trulli e Glock e si laureò campione. Chi c’era da allora avanza oscuri sospetti sul ritmo Toyota ma prove meno di zero (e poi Trulli e’ mio amico, figuriamoci).
Solo che prima di quel giro c’era stato un mistero irrisolto. Un mese prima, nella notte di Singapore, Massa con la Rossa stava dominando la gara. Ma Piquet junior con la Renault di Flavio Briatore finì contro un muro. Safety car, pit stop e un errore dei meccanici Ferrari costò il podio all’incolpevole Massa, favorendo indirettamente Hamilton.
Fin qui, saremmo nella cronaca sportiva. Poi però un anno dopo, nel 2009, si scoprì che eravamo nella cronaca nera: Piquet junior dichiarò di essere finito fuori pista deliberatamente, per far vincere il Gp al compagno di squadra Alonso (cosa puntualmente accaduta). Lo scandalo a scoppio ritardato fu enorme, Briatore e un ingegnere Renault vennero radiati, salvo poi essere sottratti alla squalifica perenne da una successiva decisione di un tribunale di Parigi.
Finito? Per niente. Nel 2023 Bernie Ecclestone, il capo supremo della F1 nel 2008, ha dichiarato che sin da subito lui e i vertici della federazione internazionale avevano saputo dell’imbroglio. Avrebbero dovuto immediatamente annullare la gara di Singapore: lo avessero fatto, Massa avrebbe vinto il mondiale, mica Hamilton. Non fecero nulla, ipse dixit, per non sporcare l’immagine della Formula Uno.
Dopo l’esternazione di Ecclestone, il povero Massa ha promosso le azioni legali. Nel frattempo il medesimo Ecclestone ha ritrattato la confessione, sostenendo di essere stato frainteso. E a livello “sportivo” la penosa vicenda è andata da un pezzo in prescrizione.
Felipe, però, non molla. Legittimamente, dal suo punto di vista. Non ce l’ha con Hamilton, di sicuro estraneo all’intrigo. All’ex ferrarista, soldi a parte, andrebbe anche bene se venisse decretato che per il 2008 i campioni del mondo sono due, lui e Lewis.
Dubito possa accadere. Intanto Massa ha citato in giudizio, davanti all’alta corte britannica la federazione internazionale, Ecclestone e la sua società, la Fom, che poi successivamente è stata ceduta agli americani di Liberty Media.
La Ferrari ha scelto di restare estranea alla vertenza. Comprensibilmente, considerato (anche) chi la guida oggi (e del resto già a Maranello era passato Alonso, un reduce della notte di Singapore. Quando Fernando si vestì di Rosso, all’alba del 2010, il povero Massa lo incantono’ dicendogli: però adesso devi dirmi la verità sulla notte di Sing Sing.
Sta ancora aspettando).

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