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Ratzinger, Francesco e il calice infranto

Francesco, uomo di Assisi, ma anche uomo della Verna dove, con il dono delle stimmate, tramandato dalla tradizione, diventa “alter Christus”. Quest’aspetto non è secondario nello sguardo che Benedetto XVI ha rivolto alla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Per Papa Ratzinger Francesco è l’icona dell’uomo nuovo, al cui modello si è ispirato nella definizione di alcune linee delle sue encicliche. Papa Benedetto condivide quello che di Francesco scrisse Dante Alighieri nella Divina Commedia: “Nacque al mondo un sole” (Paradiso, Canto XI). In un’udienza del mercoledì ha parlato di Francesco, di origine toscane da parte del padre Bernardone Moriconi, “un autentico ‘gigante’ della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione”. Di Santa Fiora era Domenico Bulgarini (1887-1967), cattolico democratico e intransigente, conosciuto come editore, ma la cui opera andrebbe riscoperta, forse proprio a partire dal suo ‘Santo Francesco’, successivo di pochi anni a quello di un altro toscano (Domenico Giuliotti) ma, a differenza di questi, di grande attualità per la lettura che Bulgarini propone, in un momento, peraltro, difficilissimo: il 1940. Ebbene riferendosi a Francesco e ai suoi tempi, l’autore trova motivi per parlare del presente, per criticare di fatto il fascismo e il nazismo con i loro culti. “Le vie del culto più che a Dio – scrive Bulgarini, nel capitolo ‘Intermezzo’, pensando alle croci uncinate – ricollegavano a una giustificazione delle proprie efferatezze e sulla croce veniva giurato l’odio mentre nessuno si accorgeva delle terribilità che sprizzava dagli occhi grigi dei crocifissi bizantini”. La capacità di Francesco di uscire da sè ancorandosi al Vangelo preso senza glosse e affidandosi al confronto chiaro ma pacifico, viene proposta da Bulgarini come modello per il nuovo uomo europeo. Francesco, uomo di Assisi e della Verna, è oggi patrono d’Europa, ma l’antropologia da lui incarnata fatica ad emergere come modello comune tra le tensioni che hanno mirato ad accreditare il presunto scontro delle civiltà. Quando il Papa ha parlato di “calice infranto” riassumeva in quest’immagine, efficace, anche le tensioni disgregative che si riverberano su piani diversi, compreso quello del lavoro. Non a caso ha auspicato che la comunità aretina “continui ad essere attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamento di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità”. Anche da queste parole emerge come la visita di un pontefice è qualcosa che, a una lettura seria, va al di là del localismo. Proprio Francesco, che, nota Guardini, sentì sempre l’attrazione della lontananza – non in senso sentimentalista, ma verificato storicamente – aiuta. La fede non è fuori dalla storia.

Interessante è la sottolineatura di Benedetto nel discorso scritto, ma non pronunciato, a causa del maltempo, a La Verna: “La contemplazione del Crocifisso ha una straordinaria efficacia, perché ci fa passare dall’ordine delle cose pensate, all’esperienza vissuta”. E’ uno sguardo che libera dall’assuefazione alle ferite del presente, ai terremoti della storia e a quelli della natura, a un senso ineluttabile della violenza. La reazione popolare a quanto accaduto a Brindisi ricompone il calice spezzato.

Geografia e biografia non sono trascurabili, anche per la  valenza simbolica che assumono nella vita delle persone. Creato cardinale da Paolo VI insieme ai due toscani Giovanni Benelli e Mario Luigi Ciappi, domenicano e teologo della Casa Pontifica, Ratzinger ha portato prospettiva in una stagione che anche nelle parole pronunciate da Papa Montini al momento della nomina, erano improntate a un certo crepuscolarismo.  Questi cardinali  – disse Paolo VI – sono l’esempio di chi è fedele “senza lasciarsi influenzare dalle novità delle ideologie, dalla smania dell’applauso mondano, dalla ricerca del proprio tornaconto”.

Fino alla sua nomina come successore di Giovanni Paolo II, ultimo Papa a visitare la Toscana nel maggio 1996 (a Colle Val d’Elsa), Ratzinger compieva con regolarità visite brevi al monastero benedettino di Rosano, in genere per la festività del Corpus Domini. Era contento di poter guidare la processione del Corpus Domini, attraverso i chiostri e il giardino, in una ricorrenza che è tra i pochi eventi aperti alla popolazione (quella di Rosano è una clausura femminile). La badessa ricordava come “cordiale e ironico”, si confrontava sulle principali questioni della Chiesa e del mondo, “con la capacità di centrare il nucleo dei problemi in pochissimi minuti e di esporli in modo chiaro e conciso”. E sarà un’occasione bella e non trascurabile ascoltarlo ancora in questa terra, visto che ha promesso che ritornerà.

Michele Brancale