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L’economia di carta è il mostro da abbattere

Egregio signor De Carlo,
leggo sul suo ultimo post che giudica folle il 
programma di Holland e penso che lo giudichi da rigettare prevalentemente per la 
parte degli  interventi economici. 
La visione neoliberista, in una visione dell'economia d'assalto, è ben delineata 
dalla frase di Jamie Dimon della JP Morgan che, a Tampa il 14/5 u.s., a fronte 
di una debole protesta all'assemblea degli azionisti, ha risposto che " Io sono 
il buono, il brutto, il cattivo" contemporaneamente, sottolineando che ogni 
scelta fatta dalla sua gestione è insindacabile, nonostante il problemino dei 
"derivati" pare stia risorgendo, dopo il 2008, come una mostruosità aliena. 
 
L'economista Mark Williams ha dichiarato che la JP Morgan Chase contiene un 
enorme " hedge fund" nascosto dentro il corpo di una banca di depositi e che 
proprio queste commistioni sono alla radice del crollo di Wall Street del 1929 e 
della crisi del 2008.
La premessa per dire che le voci che esprimono perplessità 
e timori per un comportamento delle banche estremamente disinvolto vengono da 
autorevoli personaggi e arrivo alla domanda: nel programma di Holland esiste 
l'intenzione di  separare nettamente gli istituti di credito da quelli 
speculativi?
Non pensa che, almeno in questa dichiarazione, il neo presidente 
francese abbia ragione? 
Distinti saluti
Luisella Rech
 

***   ***   ***

Gentile Signora Rech, una cosa è certa. Una sola. Oggi l’economia di carta, fatta come lei ben sa da tutti gli strumenti speculativi inventati dalla finanza internazionale, è potente, enormemente più potente dell’economia reale. Ha invaso, condizionato, sopraffatto le borse del mondo. Le perverte, le depreda, le sconvolge, le snatura, ne sovverte i parametri conosciuti. Quei parametri di cui gli imprenditori sono interpreti perché basati sul valore reale delle cose prodotte.

Questi nemici della finanza speculativa sono più grandi di qualsiasi attività umana.

 

Vuole averne un’idea? L’accontento subito. Si calcola – secondo il Fondo Monetario Internazionale – che il pil del mondo intero (il pil è il prodotto lordo, la ricchezza prodotta) sia pari a 74 trilioni di dollari.

Sa quanto è un trilione? Un trilione corrisponde a mille miliardi.

Dunque la ricchezza mondiale è pari a 74 trilioni di dollari. E sa quanto vale il mercato obbligazionario? 95 trilioni di dollari.

E sa quanto valgono le borse di tutto il mondo? 50 trilioni. E sa quanto valgono i derivati? 466 trilioni. I dati si riferiscono al 2010.

Ebbene tutti insieme questi mercati sono otto volte più grandi della ricchezza prodotta da industrie, agricoltura, servizi. Con i loro meccanismi manovrati solo dagli addetti ai lavori, perché troppo astrusi e artificiali, condizionano il mondo reale. E li condizionano in uno stato di perpetuo isterismo. Ecco perché – cara Signora – i mercati finanziari non riflettono più i fondamentali economici. Dovrebbero farsene determinare. E invece li determinano.

 

Quanto a Hollande giudico assurdo che nel suo programma elettorale figurassero il ripristino delle 35 ore settimanali lavorative, il ripristino dell’età pensionabile a 60 anni, l’incidenza fiscale del 75 per cento sui redditi superiori a un milione di euro. E’ probabile che una cosa sia il programma elettorale e un altro l’attività di governo.

Per uscire dalla crisi la Francia e l’Europa intera hanno bisogno di più e non di meno lavoro, di meno e non di più tasse. E hanno bisogno di una Banca Centrale Europea che funzioni appunto da banca centrale e non da succursale della Budesbank.

 

Detto questo, non so quali siano invece le vedute di Hollande in tema di riforma bancaria. Se si proponesse davvero di separare l’attività degli istituti di credito da quella delle banche di investimento, sarebbe un’ottima cosa.

Ma, attenzione, che la riforma non diventi una barzelletta come quella varata da Obama, due anni fa, fra le fanfare della sinistra americana e europea. Un vero aborto legislativo che non ha prevenuto – appunto – lo scandalo della JP Morgan.