Le donne soldato dell’US Army
Caro De Carlo,
da profondo conoscitore di cose americane quale lei è, mi può dire se approva o no la decisione del ministro Panetta, capo del Pentagono, di aprire alle donne le porte delle unità combattenti?
Cordialità,
Giorgio Pennesi
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Caro Pennesi, sarò telegrafico come lo è stato lei. Forse la sorprenderò, ma sono favorevole. E non in nome dell’equiparazione fisica dei sessi, in cui non credo. Ma perché le donne soldato hanno dimostrato di saperci fare.
Entro certi limiti, si capisce.
Questi limiti corrispondono alle raccomandazioni del segretario alla Difesa Leon Panetta: siano i comandanti di reparto e non l’osservanza piatta dei regolamenti a fissare l’applicazione della riforma.
Che cosa voglio dire? Semplicemente questo: Panetta, ha dato ai comandanti sul campo la discrezionalità di decidere come, quando e in che misura le soldatesse, entrate ora anche nell’Us Army, potranno essere impiegate in operazioni di combattimento.
Impiego da attuare cum grano salis.
Per esempio: se è prevedibile che non le armi ma la prestanza fisica sia il fattore determinante di uno scontro, è meglio che le soldatesse abbiano compiti di copertura lasciando agli uomini gli eventuali corpo a corpo.
Inoltre – e su questo Panetta è stato chiaro – l’apertura alle donne della fanteria, dei mezzi corazzati, dell’artiglieria avverrà per gradi. Sono stati stabiliti tre anni di tempo per superare i problemi inevitabili dell’integrazione. Problemi anche di sesso, come può immaginare, trattandosi di ragazzi e ragazze colmi di ormoni sino alle orecchie.
Le statistiche dimostrano che i casi di violenza sessuale dal 2008 al 2012 sono aumentati del 64 per cento.