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Il volo dell’arcangelo Gabriel a Bologna

 

 

C’ero anche questa volta, come nel 1980 a Firenze, nel 1983 a Ferrara, nel 1987 a Bologna, nel 1994 a Modena, nel 2002 a Milano, nel 2003 a Bologna, nel 2010 all’arena di Verona, nel 2013 a Milano.    Perché Peter Gabriel fa parte della mia vita, ma non voglio annoiarvi a parlare di me, meglio parlare della tappa bolognese del tour voluto dell’arcangelo per i 25 anni dall’uscita di ‘So’. Ma attenzione, non c’è troppo da dire, semplicemente perché tutto era già stato detto e scritto un annetto fa a Milano   (http://blog.quotidiano.net/degidi/2013/10/08/la-macchina-del-tempo-di-peter-gabriel-strega-milano/) e perché in una grande serata come quella di poche ore fa all’Unipol arena di Bologna l’unico difetto che trovo è la scaletta: esattamente identica a quella di 12 mesi fa al Forum. Lo ammetto, qualche sorpresa me la aspettavo o la speravo (San Jacinto, Here comes the flood, The ryhthm of the heat…), logico quando uno come lui ha mille cassetti da aprire per stupirci, ma Gabriel non è Springsteen, ha le sue certezze, ci mette una vita a maturarle, e quando le consolida fatica a stravolgerle. Premesso questo, il vostro ammuffito blogger rimane sempre incantato dall’arcangelo. Dalla sua commozione chiaramente visibile nel maxischermo a inizio concerto, dal come sappia alternare dolcezza alla sperimentazione elettronica dei tempi del fairlight degli anni 80, tipica del terzo e quarto disco solista, arrivando a tonalità quasi punk in certi momenti.

A Bologna tutti sono andati in estasi per ‘So’, proposto per intero, beh, era prevedibile, è il disco che sdoganò Gabriel al grande pubblico nel 1986, il disco che lo fece passare da sperimentatore a rockstar. Un album godibilissimo, ma io preferisco altri colori, quelli di ‘Family snapshot’ dal terzo disco solista, non mi stancherei mai di ascoltare quella canzone: una ballad capace di incendiarsi improvvisamente  e tornare tenera per spegnersi delicatamente come una lucciola nel bosco. Non posso che sciogliermi davanti a ‘Solsbury hill’ e a quelle parole finali dai mille significati, ‘tenetevi pure le vostre cose, sono venuti a portarmi a casa’. Non posso che perdermi nel torbido fascino di ‘The family and the fishing net’, un vortice di pura follia sperimentale del quarto cd: al primo ascolto non la capisci, al decimo non ne puoi più fare a meno. E non posso che commuovermi al ritmo sincopato di ‘Biko’, non posso farne a meno, la sentii cantare nel 1980 alle Cascine di Firenze, avevo 16 anni e rimasi incantato di fronte all’arcangelo Gabriel. Mi ripromisi che avrei sempre seguito il suo volo. E così è stato e così sarà.