Il mio paese. Marina Cvetaeva
VEDI I VIDEO “Nostalgia della patria!” in lingua originale , “Sono felice di vivere in modo semplice ed esemplare” e altri testi , Ritratto di Marina Cvetaeva (in russo) , “Il poema della montagna integrale”
Firenze, 2 settembre 2017 – Ricordando che ieri l’altro, 31 agosto, ricorreva l’anniversario della morte di Marina Cvetaeva (Elabuga, 31 agosto 1941). Dichiaratasi avversa alla Rivoluzione d’ottobre, Marina Cvetaeva era ritornata in Russia nel 1939. “Perseguitata – come si legge in un testo recuperabile in rete –, vive allora una vita segnata dal dolore e dalla miseria. Quel fuoco, che le bruciava dentro, sembra quasi divorarla. Il rapporto con il figlio, l’unico che le è rimasto accanto, diventa ogni giorno più difficile. In una sera di agosto del 1941, Marina cerca una corda, sale su una sedia e si lascia andare“. Di lei rimane, oltre la sua straordinaria opera in versi e gli importanti sodalizi d’amore e arte attraversati (da Rilke a Pasternak), questa dura testimonianza firmata Evtušenko: “Sappiate che esistono solo omicidi. Al mondo nessuno si è mai suicidato”. M. M.
Nostalgia della patria!
Nostalgia della patria! Da tempo
un fastidio smascherato!
Per me assolutamente fa lo stesso –
dove assolutamente sola
trovarmi, per quali sassi a casa
trascinarmi con la borsa della spesa,
in una casa che nemmeno sa che è – mia,
come un ospedale o una caserma.
Per me fa lo stesso, in mezzo a quali
persone mostrare i denti come un leone
prigioniero, da quale cerchia di gente
essere ricacciata – immancabilmente –
dentro di me, nell’individualità dei sentimenti.
Orso della Kamciatka senza banchisa
dove non acclimatarmi (né mi sforzo!),
dove umiliarmi – per me è tutt’uno.
E non mi farò illudere neppure dalla lingua
nativa, dal suo latteo richiamo.
Mi è indifferente, da quale
passante non essere capita!,
(da un lettore, da un divoratore
di tonnellate di giornali, da un mungitore di dicerie…)
del ventesimo secolo – lui,
ma io di ogni secolo!
Stordita, come una trave
avanzata da un viale alberato,
per me tutti – sono uguali, per me tutto – è uguale,
e, forse, più uguale di tutto –
quel che era nativo – più di tutto,
tutti i segni da me, tutti i marchi,
tutte le date – come tolti da una mano:
anima, nata – in qualche dove.
Così il paese di me non si è curato,
il mio paese, che anche la spia più perspicace,
per tutta l’anima, in lungo e in largo,
non troverà macchia di nascita!
Ogni casa mi è estranea, ogni tempio vuoto,
e tutto – fa lo stesso, e tutto – è uguale.
Ma se lungo la strada un arbusto
spunta, specialmente un sorbo…
(traduzione di Daria Mueller)
Тоска по родине!
Тоска по родине! Давно
Разоблаченная морока!
Мне совершенно все равно —
Где — совершенно одинокой
Быть, по каким камням домой
Брести с кошелкою базарной
В дом, и не знающий, что — мой,
Как госпиталь или казарма.
Мне все равно, каких среди
Лиц ощетиниваться пленным
Львом, из какой людской среды
Быть вытесненной — непременно —
В себя, в единоличье чувств.
Камчатским медведем без льдины
Где не ужиться (и не тщусь!),
Где унижаться — мне едино.
Не обольщусь и языком
Родным, его призывом млечным.
Мне безразлично, на каком
Непонимаемой быть встречным!
(Читателем, газетных тонн
Глотателем, доильцем сплетен…)
Двадцатого столетья — он,
А я — до всякого столетья!
Остолбеневши, как бревно,
Оставшееся от аллеи,
Мне все — равны, мне всё — равно;
И, может быть, всего равнее —
Роднее бывшее — всего.
Все признаки с меня, все меты,
Все даты — как рукой сняло:
Душа, родившаяся — где-то.
Так край меня не уберег
Мой, что и самый зоркий сыщик
Вдоль всей души, всей — поперек!
Родимого пятна не сыщет!
Всяк дом мне чужд, всяк храм мне пуст,
И всё — равно, и всё — едино.
Но если по дороге — куст
Встает, особенно — рябина …
Marina Cvetaeva
(1934)
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