Il Cardinale Martini, simpatia del discernimento
Firenze appartiene spesso alla “geografia dell’invito” verso personalità che portano nelle Città del Fiore una testimonianza autentica, che si lascia ricordare e che, magari, si pone nel solco di rapporti profondi, scavati nei secoli, talvolta un po’ dimenticati.
La scomparsa del Cardinale Carlo Maria Martini riporta a consapevolezza, non solo a livello ecclesiale, il legame con Milano e la diocesi ambrosiana (solo la storia della basilica di San Lorenzo dice tanto a riguardo) come d’altra parte con Roma, lungo una linea feconda di rapporti che consente di risalire fino ai primi passi di Firenze nella storia. Nella geografia dell’invito Martini è stato spesso chiamato a Firenze. Esercitava una simpatia particolare attraverso la sua attrattiva capacità di discernimento.
Nel 1995, al meeting interreligioso ‘Terre e cieli di pace‘ della Comunità di Sant’Egidio e dell’Arcidiocesi, il cardinale propose una lettura dei segni dei tempi oltre le semplificazioni (quelle che avrebbero inaridito i primi dieci anni del nuovo millennio), rimarcando come dietro ogni esponente religioso o politico, vi è sempre prima l’uomo ed è all’uomo che non bisogna mai rinunciare di parlare, senza lasciarsi prendere dai luoghi comuni. Martini si riferì soprattutto alla paura dei musulmani e dell’Islam spesso identificato col terrorismo: “Siamo di fronte a proiezioni drammatiche e deleterie che portano l’opinione pubblica occidentale a confondere l’islamismo col fondamentalismo o addirittura col terrorismo: è una trappola diabolica. Bisogna fare comprendere che in tutte le religioni c’è un fondamento che porta al dialogo”. In questo solco a Firenze si è seminato molto e in bene, resistendo anche a un razzismo nefasto che ha mostrato il suo volto omicida nel dicembre scorso contro i senegalesi.
Ricordando nel 1984 La Pira in Palazzo Vecchio, il cardinale andò oltre una rievocazione celebrativa del sindaco, invitando piuttosto ad attualizzare, oltre formule preconfezionate, quel “nesso vitale tra città umana e divina, tra speranza teologale e speranze umane” che abbraccia la cattedrale e l’officina e si pone come anticorpo ai profeti di sventura. Ma rilevava anche che “la città a cui pensava La Pira non è la megalopoli della nostra esperienza”. Ci vuole perciò un nuovo discernimento, “nell’esercizizo di una lucida e conseguente razionalità sorretta dalla luce della fede e della speranza cristiane”. Proprio di questo Martini è stato maestro e interprete, anche negli anni dell’estrema debolezza, con la tenacia di un insegnamento su cui tornare per rileggere il presente.
“Un autentico servo della Parola di Dio e della parola dell’uomo, uno straordinario interprete del dialogo fra queste due parole che si intersecano di continuo”. Ricorda così Martini il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi, vicepresidente della Conferenza Episcopale Toscana, che ha incontrato il cardinale “in diverse situazioni e in diversi tempi e in diversi aspetti della sua personalità”. Come biblista “è stato uno dei pochi grandi studiosi mondiali che, partendo da un approccio nello studio della Bibbia all’apparenza arido come la Critica Testuale, è riuscito a trasmettere fascino e passione dai suoi studi sapendo anche diventare uno straordinario commentatore spirituale del testo”. Attraverso i suoi programmi pastorali “ha anche fatto sì che la Parola di Dio diventasse guida quotidiana della Chiesa”. E’ stato ”servo della Parola anche perché, negli ultimi anni, era sprofondato nel Silenzio a causa della malattia: il suo Silenzio, tuttavia, non è certo rimasto assenza di Parola ma si è trasformato in compiutezza della Parola, quasi in superamento della Parola”.
Sotto un altro profilo Martini è stato anche “straordinario interlocutore delle parola dell’uomo nel suo tempo, servo della parola dell’uomo, attento protagonista nel dibattito pubblico sia attraverso iniziative come la Cattedra dei non credenti sia attraverso una molto seguita rubrica giornalistica sul più diffuso quotidiano italiano”.
Da autentico uomo dell’ascolto, in sede di Conferenza episcopale italiana ”parlava pochissimo, ma era sempre presente e attento a ciò che veniva detto”.
Michele Brancale