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MUSICA / Riscoprire Bach (per tornare a volare)

Riscoprire Bach, una volta in più. Tornando alla radice, per smontare le sovrastrutture, le incrostazioni del tempo, e ripulire ogni battuta dalle orchestrazioni più ingombranti. Così si torna alla gioia della composizione primaria, donandogli un'identità nuova, pur fedele a un'idea che è protagonista stessa dell'opera di Bach, così bravo com'era a ridurre su un clavicembalo l'universo sinfonico che gli ballava in testa.

La materia prima sta dalla parte di Maria Cefalà, pianista pavese, 33 anni, diplomatasi a 21, che esattamente un anno fa, per la Tuk Records di Paolo Fresu, ci ha regalato 'Discovering Bach': venticinque tracce per riscoprire quel compositore che, musicalmente parlando, l'ha fatta nascere almeno due volte. La prima fu quando da piccola ha messo per la prima volta le mani su una tastiera. La seconda quando quella tastiera era diventata un incubo, e se n'è dovuta staccare, pena tragici dolori ai nervi, salvo ricominciare, lentamente e con un tempo nuovo. Ripartendo naturalmente da Bach.

La materia, si diceva, sta dalla sua parte. Poiché a grattare via la vernice, le pietre di fiume, per quanto levigate rimangono tali, e sono quelle preziose a emettere luce. Così a distanza di un anno, a giudicare dal bagliore, l'esperimento 'Discovering Bach' può dirsi riuscito. Cruciale la scelta degli ingredienti. Sono le 'Invenzioni' per clavicembalo scritte dal musicista tedesco negli anni Venti del Settecento per introdurre il figlio all'arte e al fascino dello strumento. Poi il  'Concerto secondo il gusto italiano' di qualche anno più tardi, era il 1735, quindi l'ultima delle Partite per clavicembalo, la numero 6, di una serie pensata e divulgata, a spese dell'autore, a uso degli 'amanti della tastiera'.

Arte per tutti. Così era in principio e qui arriva il secondo punto d'onore. Perché l'architrave che sorregge 'Discovering Bach', fin dalla scelta del titolo, è il tentativo riuscito di prendere la musica alta per mano, e smuoverla dalle sue altitudini per riportarla ad altezza d'uomo, là dov'è nata e deve stare, e poi ancora più giù, dove il senso comune spesso non vede possibilità d'arte. Infatti il progetto è cresciuto nelle carceri d'Italia, tra i detenuti e le detenute, e lì si è fatto sostanza dando un senso alla sua missione di scoperta. Un esempio concreto per testimoniare quanto l'opera di Bach possa germogliare ancora oggi in qualunque contesto, purché ci sia qualcuno in grado di attualizzarne il messaggio e restituirne l'universalità.

Applausi e tasto play sempre a portata di mano: 'Discovering Bach', a un anno esatto dalla sua uscita, esaurita la sua curiosità iniziale, mostra tutto il suo effetto benefico. Un antidoto perfetto per neutralizzare i rumori di fondo, sgombrare il campo dalle complessità, liberarsi dagli orpelli. E ritornare a volare.