L'Oriente vicino

Capo Hezbollah libanese: “L’Iran può bombardare Israele con forza e ferocia”

“Con forza e ferocia” l’Iran può bombardare Israele. Venerdì sera il capo politico e spirituale degli Hezbollah sciiti libanesi Hassan Nasrallah ha affidato questa compiaciuta confidenza alla televisione “Al Manar”, l’emittente del suo movimento. Ricorreva il tredicesimo anniversario della guerra con Israele divampata nel luglio del 2006, un conflitto che durò 34 giorni e che uccise 1200 persone in Libano, per lo più civili, e 160 israeliani, quasi tutti militari. Lo sfondo delle esternazioni sono le tensioni in ascesa fra gli Stati Uniti, il più potente alleato di Gerusalemme, e il Paese degli ayatollah.
Il giorno dopo nello stretto di Ormuz si sono perse le tracce di una petroliera emiratina, la “Riah”. Gli Emirati Arabi Uniti sono ferrei alleati dell’Arabia Saudita e dell’Egitto, due Paesi in lotta con Teheran da decenni. La notizia è trapelata solo oggi. Nelle stesse ore l’agenzia cinese Xinhua ha appreso da “fonti della sicurezza palestinese” che nella parte centrale della Striscia di Gaza è stato abbattuto un piccolo aereo israeliano che la stava sorvolando.
Le dichiarazioni incendiarie di Nasrallah sono state appena addolcite da una dichiarazione di intenti. “La nostra responsabilità nella regione – ha detto – è quella di lavorare per prevenire una guerra degli Usa contro l’Iran. Quando gli americani capiranno che un conflitto potrà cancellare Israele dalla carta geografica, cambieranno opinione”. Dal 2012 i combattenti degli Hezbollah, in particolare gli uomini delle forze speciali “Radwan” e delle “Brigate Al Abbas”, sono stati schierati in Siria a sostegno del regime di Bashar Assad, e degli alleati iraniani, la tradizionale triplice intesa sciita alla quale si sono unite anche truppe irachene e russe. Mosca non aveva nessuna intenzione di perdere Latakia, la sua unica base navale nel Mediterraneo, e ha costruito nel 2015 un aeroporto militare a Khmeimim, alle spalle della città rivierasca siriana.
Dalla fine di aprile i raid aerei dell’aviazione di Assad e di Mosca hanno preso di mira soprattutto Idlib, la città del nordovest siriano in mano a milizie di qaedisti e di ribelli riuniti nell’alleanza “Hayat Tahrir al Sham. Secondo il sito ”Osservatorio siriano per i diritti umani” oltre seicento persone si sono aggiunte alle 370 mila cadute in otto anni di conflitto. Anche diversi combattenti Hezbollah hanno perso la vita. Per questa ragione Nasrallah ha annunciato che in Siria è stato “ridotto l’impegno sulla base delle necessità della situazione attuale”, anche se “continuiamo a mantenere una presenza dove eravamo”.
Il segretario degli Hezbollah ha tenuto a precisare nell’Intervista ad “Al Manar” che negli ultimi tredici anni i suoi combattenti hanno messo a segno grandi progressi “nel numero, nella qualità e nella precisione” dei loro missili. Davanti alla telecamera ha srotolato una carta di Israele e ha sostenuto che ora i vettori possono arrivare fino a Eilat, la città dell’estremo sud che si affaccia sul Mar Rosso. “Possiamo infliggere danni enormi”, si è compiaciuto, precisando che “stante la logica attuale delle cose” potrebbe un giorno recarsi lui stesso a Gerusalemme per pregare sulla Spianata delle Moschee.
Nel colloquio fiume Nasrallah si è rifiutato di precisare se gli Hezbollah hanno ottenuto dai russi batterie di missili antiaerei S 300 come quelle che sono già state consegnate alle forze di Assad (apparati che però non sono ancora operativi). “Su questo punto mantengo una “ambiguità costruttiva”, ha tagliato corto. Mosca è considerata “amica” degli uomini del suo movimenti che però, assicura , “si coordinano solo con le forze di Assad”
Martedì 16 luglio è atterrato nella base di Murted Hava, 35 chilometri a nord ovest di Ankara, l’undicesimo aereo russo carico di componenti dei missili terra aria S 400. “Ci auguriamo che sia tutto pronto per il mese di aprile del 2020”, è la previsione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Secondo il Pentagono il possesso degli S 400 è incompatibile con la consegna ai turchi dei sofisticati caccia F 35 americani, il cui complesso software rischia di finire nelle mani dell’intelligence di Putin. Per questa ragione sono stati sospesi gli addestramenti dei piloti di Ankara. Washington ha minacciato sanzioni.
L’ultima mossa in direzione di un allontanamento della Turchia dallo scacchiere occidentale sono le trivellazioni alla ricerca di gas naturale e di petrolio al largo di Cipro. Ankara ha inviato due navi. Dall’inizio di maggio la “Fatih” è attiva a 75 miglia dalla costa occidentale dell’isola. Di recente si è aggiunta la “Yavuz”. Il Consiglio degli Affari esteri dell’Unione Europea ha sospeso i negoziati con la Turchia per un accordo globale sui trasporti aerei e ha cancellato tutte le sessioni del Consiglio di associazione. “Sono misure da non prendere sul serio”, ha minimizzato il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, “debbono sedersi al tavolo con noi per questioni legate ai rifugiati e non solo (ndr. nell’ambito della Nato Ankara è il maggior acquirente di armi tedesche).Non hanno altra scelta e proprio per questo non è possibile sanzionarci”.

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