L'Oriente vicino

Un kamikaze fa strage di studentesse sciite nella periferia di Kabul

 

Di Lorenzo Bianchi

Ancora un kamikaze, ancora la minoranza sciita hazara e le donne nel mirino. L’attacco non è stato rivendicato, ma  il principale indiziato è l’Isis Khorasan, il braccio locale dell’autoproclamato califfato islamico che in passato aveva seminato morte nello stesso quartiere della periferia occidentale di Kabul, il Dasht-e-Barchi. Le vittime sono almeno venti, in maggioranza studentesse, e i feriti 35. Erano nel Kaaj Educational Center, un istituto privato che si occupa del tutoraggio di giovani che intendono preparare gli esami accademici. In Afghanistan dal 15 agosto dell’anno scorso, il giorno della presa del potere dei talebani, le ragazze non riescono a frequentare le scuole superiori che sono ancora chiuse. L’attentatore suicida ha ucciso a colpi di arma da fuoco i due guardiani armati che sorvegliavano l’ingresso dell’istituto ed entrato in una grande aula nella quale si erano radunati circa 600 studenti, le ragazze nei primi banchi e i giovani negli ultimi. Entrato per una porta vicina alla cattedra il kamikaze ha fatto deflagrare un corpetto esplosivo imbottito di chiodi e di pallettoni. Le schegge hanno raggiunto soprattutto le ragazze ferendole al collo, alla testa e agli occhi.

Lo stesso quartiere era stato teatro di due attentati dell’Isis Khorasan in aprile. Erano stati colpiti due centri educativi. Le vittime erano state sei. Nel maggio del 2020 l’Isis Khorasan aveva devastato un centro per la maternità uccidendo 25 donne, in maggioranza partorienti. Poco prima del ritorno dei talebani a Kabul le bombe piazzate vicino a tre scuole femminili di Dasht-e-Barchi sono state fatali ad ottantacinque persone. “Emergency” ha accolto nel suo ospedale di Kabul 22 feriti, fra i quali 18 ragazze, tutti di età compresa fra i 18 e i 25 anni. Una studentessa è arrivata già priva di vita. Un’altra è deceduta subito dopo il ricovero.

Alle 12 locali del 2 settembre scorso un altro kamikaze ha fatto il gesto di baciare le mani dell’imam Mujeeb Rahman Ansari, il più ardente e assertivo sostenitore dei talebani a Herat, e ha azionato la bomba dilaniando il religioso e 46 fedeli che stavano entrando nella moschea di Gazargah per le preghiere del venerdì mattina. Secondo la tv saudita “Al Arabiya” l’Isis ha rivendicato la carneficina. La legge coranica, la sharia, per Ansari doveva essere applicata con rigore. Il religioso aveva messo all’indice la musica e i concerti e sosteneva che il Covid 19 era una punizione calata da Allah sulla testa dei non musulmani. Lungo le strade di Herat e della provincia aveva fatto affiggere cartelloni nei quali definiva codardi gli uomini la cui moglie non fosse completamente coperta in pubblico.. Per diffondere il suo messaggio Mujib Rahman Ansari usava la radio, ma anche profili su Facebook e Instagram, nonostante avesse condannato le piattaforme social come non-islamiche. A luglio, durante un raduno religioso a Kabul, aveva esortato a decapitare chiunque commettesse "il piu' piccolo atto contro il nostro governo islamico". "La bandiera (talebana) non e' stata issata facilmente, e non sara' calata facilmente" aveva scritto. Nell’attentato ha perso la vita anche Habib Rahman Ansari , un fratello dell‘autorevole religioso. Zabihullah Mujahid, portavoce dell’esecutivo talebano, ha condannato il “vile attacco da parte dei nemici della religione”.

Il 17 agosto un attentatore suicida si era fatto esplodere nella moschea Abu Bakr al Siddiqui nel quartiere Khari Khana, periferia nord di Kabul. Anche in quel caso nell’elenco delle vittime figurava anche l’imam del luogo sacro, l’autorevole mullah Amir Mohammad Kabuli. Secondo la tv del Qatar “Al Jazeera”, che cita con il vincolo dell’anonimato un funzionario afgano, le vittime sarebbero state venti e i feriti quaranta. L’organizzazione non governativa "Emergency", che continua a gestire a Kabul un “Centro chirurgico per vittime di guerra”, sostiene di aver accolto nella sua struttura tre caduti e 27 persone ferite nell’attentato. Cinque sarebbero minorenni, fra questi un bambino di sette anni.

Per il momento nessuna organizzazione ha rivendicato quel massacro. I vetri delle case vicine erano in frantumi. Zabihullah Mujahid, portavoce dell’emirato islamico dell’Afghanistan, ha condannato gli autori della mattanza. “Preghiamo – ha scritto su twitter - per le vittime, i responsabili saranno puniti”. L’11 agosto nella capitale afgana un attentatore suicida con l’esplosivo nascosto nella protesi di una gamba aveva fulminato nella sua madrassa (ndr. scuola coranica) Rahimullah Haqqani, membro del clan famigliare la cui punta di diamante è il ministro dell’interno in carica Sirajuddin Haqqani. Quest’ultimo dal 2014 era ricercato dallo Fbi che allora promise una ricompensa di 5 milioni di dollari a chi avesse dato notizie utili per catturarlo. Per i seguaci del Jihad, la guerra santa islamica, le imperdonabili e recenti “colpe” di Rahimullah Haqqani sono invece una presa di posizione a favore del diritto delle giovani di frequentare le scuole e i numerosi strali scagliati contro l’Isis. I terroristi dell’autoproclamato Stato Islamico hanno puntualmente rivendicato il suo assassinio. Rahimullah Haqqani era diventato rapidamente un perno cruciale dell’Emirato dopo la vittoria dei sedicenti “studenti coranici” in armi di poco più di un anno fa.

Il 17 agosto è stato ucciso anche un noto esponente degli “hazara”, la minoranza sciita afgana perseguitata dai pashtun sunniti che hanno conquistato il potere il 15 agosto 2021. Si chiamava Mawlawi Mahdi Mujahid. Era l’unico comandante “hazara” che si era unito ai talebani 13 anni fa. Ora rivendicava più potere per la sua comunità. Questa almeno è la chiave di lettura che prevale per ora sull’ipotesi più prosaica che la disputa, diventata ormai di pubblico dominio, sia stata innescata da un duro contrasto sulla spartizione dei proventi collegati alla produzione di carbone. Dalla provincia di Herat Mawlawi Mahdi Mujahid ha tentato di raggiungere l’Iran. Lo hanno fatto secco le forze di frontiera dell’Emirato islamico afgano.

Nell’ Afghanistan dei Talebani, nel Paese nel quale oltre il 50 per cento della popolazione soffre la fame, in maggio è tornato il burka. Il decreto è stato firmato dal leader spirituale dell’Emirato Haibatullah Akhundzada. Per le donne è stato un salto indietro di venti anni. Quando non sono in casa loro, le appartenenti all’altra metà del cielo debbono indossare un chadori “tradizionale e rispettoso” che copra tutto il corpo con l’unica eccezione di una griglia sugli occhi. Khalid Hanafi, ministro del nuovo “Dicastero per la Propagazione della virtù e per la prevenzione del vizio”, ha spiegato che risponderanno delle eventuali violazioni il padre, il marito o il parente maschio più prossimo. Alla prima violazione riceveranno un ammonimento, alla seconda saranno convocati dai suoi funzionari, alla terza rischieranno tre anni di carcere e il licenziamento. Il decreto stabilisce anche che “è meglio che le donne stiano in casa” se non hanno cose di vitale importanza da fare all’esterno dell’abitazione. Il divieto di comparire a volto scoperto riguarda anche le giornaliste delle tv. A "Tolo tv" i giornalisti maschi hanno dato vita a una forma inedita di solidarietà. Si sono vestiti di nero e si sono coperti il volto. Ma Akif Muhajir, portavoce del “Ministero per la propagazione della virtù e per la Prevenzione del vizio” ha ribadito che il provvedimento è entrato in vigore. L'abbigliamento non deve essere troppo stretto né sottile in modo che non “rappresenti” le forme del corpo.

Da quando sono tornati al potere il 15 agosto 2021 i Talebani avevano già vietato alle donne di viaggiare fuori dalla propria città o regione oltre un raggio di 72 chilometri senza essere accompagnate da un parente maschio e di essere curate da sole in ospedale. Nei parchi di Kabul possono passeggiare solo a giorni alternati con l’altro sesso. In marzo l’accesso alle scuole superiori è stato prima autorizzato e poi sospeso nel primo giorno dell’anno scolastico in attesa di nuove direttive sulla loro “sicurezza” che non sono mai state emesse.

Secondo le Nazioni Unite tredici milioni di bambini afgani, due su tre, hanno bisogno di aiuti salvavita (nella foto una donna chiede l'elemosina a Kabul con un piccolo in grembo). I civili alle prese con una grave crisi alimentare sono 24,4 milioni, oltre il 50 per cento della popolazione. L’Onu calcola che siano necessari 4,4 miliardi di dollari statunitensi per rendere concreto il piano di risposta umanitaria dell’anno in corso. Secondo “Save the Children”Più di metà della popolazione si trova ad affrontare “livelli critici di fame” e per conoscere la reale portata di questa crisi “è necessario vedere i bambini dolorosamente magri che vengono portati alle nostre cliniche afflitti da grave malnutrizione da madri disperate”. Sono parole di Fiona McSheehy, direttore di “Save the Children” per il Paese. Due scosse di terremoto che hanno ucciso aleno 28 persone e distrutto 800 abitazioni nella provincia occidentale di Baghdis hanno aggravato questo scenario devastante di carestia. Qadis è il distretto più colpito. L’Emirato islamico dell’Afghanistan però si compiace di aver approvato la sua prima legge di bilancio per i primi tre mesi del 2022 “senza alcun aiuto internazionale”. La chiosa è del ministero delle finanze. Il portavoce Ahmad Wali Haqmal esalta “il grande risultato” che prevede uscite per 53,9 miliardi di afgani (450 milioni di euro). Quasi tutte le risorse, ossia 49,2 miliardi di afgani, coprono le spese del governo. I Talebani hanno utilizzato le riserve di grano donate dall’India all’esecutivo di Ashraf Ghani per pagare 40 mila lavoratori, un sacco da dieci chili per ogni giornata di prestazione di opera. Il Pakistan ne ha donate altre 18 tonnellate. Il vicepremier talebano Abdul Ghani Baradar ammette che “in diversi luoghi la gente non ha cibo, case, vestiti caldi o soldi”. “Il mondo – è il suo monito – deve sostenere il popolo afgano senza pregiudizi politici e adempiere ai propri obblighi umanitari”. In questa tremenda emergenza il “Ministero per la Propagazione della virtù e per la Prevenzione del vizio” si è preso la briga di ordinare che nei negozi di vestiti femminili siano rimosse le teste dei manichini. Nelle province settentrionali di Balkh e di Herat alle donne è stato impedito di recarsi ai bagni pubblici, gli hammam, cancellando per molte l’unica possibilità di lavarsi con acqua calda. 

Il 20 ottobre 2021 si erano perse le tracce di Frozan Safi, 29 anni, docente di economia e attivista per i diritti femminili. La sorella Rita, un medico, l’ha identificata in un obitorio della città di Mazar-i –Sharif, nel nord del Paese. “L’abbiamo riconosciuta – ha raccontato al quotidiano britannico “The Guardian” – dai suoi vestiti. I proiettili le avevano devastato la faccia. C’erano troppe ferite da pallottole dappertutto, sulla  testa, sul cuore, sul petto, sui reni e sulle gambe. Il suo anello di fidanzamento e la sua borsetta sono spariti”. Le forze di sicurezza degli “studenti coranici” in armi avevano portato i poveri resti all’ospedale provinciale di Balkh.  Secondo il padre Abdul Rahman Safi, 66 anni, la figlia aveva ricevuto una telefonata e il 20 ottobre era uscita con i documenti necessari per un viaggio. Aspettava un visto per la Germania, il Paese nel quale era già fuggito il fidanzato.

All’inizio del mese di gennaio del 2022 i sedicenti “studenti del Corano” hanno decapitato Mahjubin Hakimi, una giocatrice di pallavolo della squadra nazionale juniores. L’unica sua colpa di era di essere una sportiva di etnia hazara e di osservanza religiosa sciita che non voleva saperne di giocare indossando l’hijab. I familiari non hanno denunciato il delitto per paura. I Talebani in armi avevano ordinato ai congiunti della loro vittima di tenere la bocca chiusa. Dopo che erano circolate immagini della giovane con il collo mozzato il delitto è stato rivelato al giornale “Persian Independent” dalla allenatrice della Akimi. La donna ha raccontato che solo due delle sue atlete sono riuscite a fuggire all’estero. Le altre debbono nascondersi. Quelle che sono riuscite a mettersi in salvo hanno raccontato che in agosto i Talebani avevano eliminato una loro compagna di sport a colpi di pistola.  A Firozkoh, una città della provincia di Ghwor abitata soprattutto da tagiki e hazara, i Talebani hanno freddato nella sua casa Banu Negar, una poliziotta incinta di 8 mesi. Il figlio ha raccontato ad “Amaj News” che dopo averla fulminata le hanno estratto il cervello dalla testa. I parenti hanno diffuso foto nelle quali si vedono schizzi di sangue sulle pareti. Il commando parlava arabo e non pashtun.

A ogni esibizione del nuovo potere Talebano l’Isis risponde con kamikaze, bombe, vite spezzate e feriti a decine. Il 2 novembre del 2021 venticinque vittime sono state la risposta alla visita del ministro della difesa Mohammed Yaqoub, figlio del mullah Omar, il fondatore degli autoproclamati “studenti coranici”, al Sardar  Mohammed Daud Khan, il più grande ospedale militare dell’Afghanistan, una struttura da 400 posti letto nel centro di Kabul. Yaqoub aveva sollecitato gli imprenditori privati del Paese a investire nel Sardar. Un attentatore votato al martirio in sella a una motocicletta si è fatto esplodere all’ingresso. Dopo la deflagrazione sono entrate in azione le armi da fuoco per una decina di minuti. La sequenza si è chiusa con una seconda detonazione molto più forte della prima. Secondo Bilal Karimi, un portavoce degli “studenti coranici” in armi, quattro terroristi sono stati uccisi e uno è finito in cella. Zabihullah Mujahid, vice ministro dell’informazione e della cultura e portavoce ufficiale dei Talebani ha sostenuto invece che le forze speciali dell’Emirato islamico hanno fulminato tutti gli assalitori. L’Isis Khorasan (Khorasan era il nome di una provincia orientale dell’impero persiano che comprendeva anche l’Afghanistan e una parte del Pakistan) sul suo canale Telegram ha scritto: “Cinque combattenti hanno sferrato simultaneamente attacchi coordinati. Un jihadista ha fatto detonare un a cintura esplosiva all’entrata dell’ospedale prima che gli altri aprissero il fuoco”. Subito dopo il massacro Zabihullah Mujahid ha annunciato che è stato messo al bando in Afghanistan l’uso di ogni valuta straniera. “Chi verrà colto in flagrante verrà sottoposto ad un’azione legale”, ha tenuto a precisare. Nove miliardi di dollari del Paese sono stati bloccati dal Fondo Monetario Internazionale dal 15 agosto, il giorno della capitolazione di Kabul.

Il 16 ottobre del 2021 i combattenti della sezione locale del Califfato avevano colpito Kandahar, la città – simbolo degli “studenti coranici”. Tre kamikaze hanno ucciso 62 persone e ne hanno ferite oltre 90 facendosi esplodere nella moschea sciita Bibi Fatima. Secondo la ricostruzione della televisione privata “Tolo News” il commando era composto da quattro guerriglieri che hanno aperto il fuoco sulle forze di sicurezza all’esterno del luogo sacro. Un attentatore è stato ucciso. Uno è riuscito ad entrare nell’edificio. Altri due si sono avvicinati ai lavatoi e si sono fatti esplodere fra i fedeli che si preparavano alla preghiera del venerdì. Le immagini mostrano tappeti per la preghiera intrisi d sangue e cadaveri sparsi dappertutto. A Kandahar il 4 aprile del 1996 il mullah Omar fu proclamato “guida dei credenti”. Nei dintorni della città dopo gli attentati alle Torri Gemelle gli americani cercarono a lungo Osama Bin Laden.

La sfida dell’Isis – Khorasan  ai Talebani era cominciata il 3 ottobre 2021. Dodici persone avevano perso la vita e 32 erano state ferite da un’esplosione vicino alla moschea di Eid Gah a Kabul, durante le esequie della madre del portavoce degli “studenti coranici” in armi (nonché viceministro della cultura e dell’informazione) Zabihullah Mujahid. L’8 ottobre un kamikaze si è fatto saltare in aria fra i 300 fedeli radunati nella moschea sciita di Said Abad per la preghiera del venerdì a Kunduz, nel nordest dell’Afghanistan, nell’area di Khanabad Bandar. I numeri della carneficina, la più grave dopo il ritiro delle truppe americane e occidentali, sono ancora incerti. Secondo Ghulam Rabani, ex membro del consiglio della Provincia della città, le vittime sono almeno ottanta e i feriti un centinaio. L’Isis Khorasan ha rivendicato la strage sul suo canale "Telegram".

Anche l’attacco all’aeroporto di Kabul, 169 vittime afgane e 13 americane, era stato rivendicato dall'Isis locale.  “Ci sono molti morti vicino a me e il canale è diventato color sangue”. Così il 26 agosto raccontava l’orrore dell’aeroporto di Kabul l’ultima ragazza che avrebbe dovuto essere trasferita in Italia dal “Cospe”, una ong italiana che ha lavorato soprattutto a Herat. Era ormai vicina all’ingresso Abbey, il principale accesso allo scalo, ma non l’aveva ancora passato. Dopo qualche giorno si è saputo che l’attentatore suicida era stato liberato dagli “studenti coranici” in armi a ferragosto. Si chiamava Abdul Rahman al-Logari, Da anni era in una cella del penitenziario di Paul-e-Charki. Sul canale Telegram della agenzia di stampa ufficiale “Amaq” l’Isis – Khorasan ha rivendicato la carneficina. I tredici morti statunitensi sono stati il prezzo di sangue più alto pagato dagli Usa negli ultimi 10 anni.

 

A Herat, che per venti anni assieme alla capitale ha ospitato il contingente militare italiano, un cadavere insanguinato è stato impiccato a una gru nella piazza principale. Al collo aveva un cartello con la scritta “I rapitori saranno puniti in questo modo”. Altri tre corpi sono stati agganciati a bracci di sollevamento montati su camion ed esibiti nelle strade, nei giardini ChowkGolha e in due piazze, quella della porta di Kandahar e quella dei Fiori. Secondo Wazir Ahmad Seddiqi, titolare di una farmacia che si affaccia sulla piazza vicina alla moschea, sarebbero stati catturati duranti il tentativo di sequestrare un imprenditore e il figlio in una stazione di rifornimento di carburante di proprietà dell’uomo di affari. L'emittente televisiva “Tolo News” riferisce che i quattro sono incappati in un check point in una strada fuori città nel quattordicesimo distretto mentre tentavano di allontanarsi da Herat.  Un Talebano è stato ferito. Shir Ahmad Ammar, vicegovernatore di Herat, ha spiegato che i mancati rapitori sono stati lasciati appesi per ore “come avvertimento ad altri che volessero imitarli”. Nei giorni precedenti Nuruddin Turabi, che fu responsabile dell’applicazione della legge coranica nel primo governo transitorio Talebano, quello in carica fra il 1996 e il 2001, e che ora si occupa del sistema carcerario pur essendo incluso nella lista nera delle Nazioni Unite, ha rivendicato il taglio delle mani e dei piedi come “molto necessari per la sicurezza” per il loro effetto deterrente.

La riscoperta della rigida applicazione dei principi coranici cala su una realtà di rapporti tesi fra i talebani del sud, in particolare quelli dell'Helmand e di Kandahar, dove mancano elettricità e acqua, e quelli dell’est, il clan degli Haqqani sostenuto dal Pakistan. Il controllo di un territorio grande sei volte l’Italia con soli 80 mila uomini è precario. Il governo che si è insediato issando sui palazzi del potere le bandiere bianche sulle quali è scritta a caratteri neri la “Shahada”, la dichiarazione di fede islamica, ha un forte marchio di fabbrica pachistano. Faiz Hameed, capo dei servizi segreti “Inter Services Intelligence”di Islamabad, era a Kabul nei giorni cruciali delle trattative. Il Pakistan ha sponsorizzato pesantemente il clan Haqqani. Probabilmente spera di ottenere collaborazione  per contenere i Talebani attivi sul suo territorio, i Tehrik-i-Taliban Pakistan, che hanno intensificato la guerriglia nelle zone tribali colpendo anche obiettivi cinesi e uccidendo 16 soldati di Islamabad nelle prime tre settimane del settembre 2020. I Talebani afgani del sud sono in fermento. Abdul Qayum Zakir, uno degli strateghi militari più in vista degli “studenti coranici” armati non è entrato nel governo.

Cozzano con i fatti concreti le promesse talebane di perdono generalizzato nei confronti dei funzionari pubblici che hanno lavorato per il governo dell’ex presidente Ashraf Ghani, fuggito negli Emirati Arabi Uniti con un gruzzolo di 169 milioni di dollari. Sui social è documentata l’uccisione mercoledì 18 agosto 2021 di Haji Mullah Achakzai, capo della polizia nella provincia di Badghis, non lontana da Herat, bendato, costretto a inginocchiarsi e giustiziato da un commando di barbuti “studenti coranici”. A Khost, una città dell’est, è stato decapitato Sohail Pardis, 32 anni. I talebani non gli hanno perdonato di aver lavorato come interprete per 16 mesi per le truppe statunitensi.

 

 

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