L'ora di Religione

Balcani, a Sarajevo i leader religiosi uniscono la Bosnia

Il premier italiano Mario Monti raggiunge la platea multireligiosa riunita dalla Comunità di Sant’Egidio e rilancia con Van Rompuy l’Europa come destino comune: “Risvegliare voglia di crescere, ottimismo e fiducia nel futuro”. Insieme il Patriarca serbo-ortodosso, il Gran muftì, l’Arcivescovo Puljic e il Presidente della Comunità ebraica

Il premier italiano Mario Monti raggiunge la platea multireligiosa riunita dalla Comunità di Sant'Egidio
e rilancia l'Europa come destino comune: "Risvegliare voglia di crescere, ottimismo e fiducia nel futuro"
Insieme il Patriarca serbo ortodosso, il Gran Muftì, l'Arcivescovo Puljic e il Presidente della Comunità ebraica

 

SARAJEVO - Le “rose” di Sarajevo parlano ancora. Dove le bombe avevano scavato il suolo, è stata rilasciata una miscela di terra rossa per riempire il vuoto e per non dimenticare. Così è nei pressi della cattedrale cattolica, poco distante da un mercato diventato tristemente famoso durante la guerra di Bosnia. Ma a Sarajevo si guarda avanti, si punta a dare un senso a quelle rose germinate sull’assurdo del conflitto. Il giardino sui cui si staglia la chiesa serbo-ortodossa ospita uno dei segni della ricostruzione. E’ una statua d’acciaio, una figura umana che si solleva verso l’alto, e che porta con sé un messaggio: “L’uomo multiculturale costruirà il mondo”.

La ricostruzione conosce in questi giorni passi nuovi. Se ne è sentito il rintocco nelle parole del patriarca serbo-ortodosso Irinej che sabato sera ha vinto ogni indugio raggiungendo il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, per presenziare alla liturgia nella cattedrale, la stessa in cui venne come pellegrino di pace Giovanni Paolo II. E il suo intervento al termine della celebrazione rappresenta un eloquente segno dell’incontro internazionale ‘Vivere insieme è il futuro’, della cura con cui è stato preparato e promosso in questi giorni dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità Islamica in Bosnia e Erzegovina, alla Chiesa Serbo-Ortodossa, all’Arcidiocesi di Vrhbosna-Sarajevo e alla Comunità Ebraica.  Per Irinej serbi-ortodossi, cattolici, musulmani, ebrei, sono come “un popolo che porta il volto di Dio dentro di sé. Il nostro dovere è baciare ogni persona nella quale si riflette il volto di Dio. E’ passato molto tempo dalle divisioni fra cristiani, ma la casa divisa  è destinata a distruggersi. Questo ci chiede di essere più vicini”. Gli hanno fatto eco il Gran Muftì Mustafa Ceric e il Presidente della Comunità ebraica Finci, rivolgendosi alla platea dei leader religiosi e politici riuniti dalla Comunità di Sant'Egidio a Sarajevo. “La nostra scelta - dice Ceric - è per la pace, non per la guerra, la nostra opzione è per la sicurezza, non per il terrorismo”. Il Muftì ha accompagnato le sue parole con una preghiera toccante e tale da potere essere condivisa dai cristiani, dai musulmani e dagli ebrei, per i richiami ai riferimenti di ciascuno. “Nessuno ha la chance di salvarsi da solo”, fa capire Finci. Se si fanno buchi sulla stessa barca “il naufragio è per tutti”. Ceric ha poi fatto dono dell'Haggadah, testo narrativo della liturgia ebraica custodito a Sarajevo e salvato dai musulmani, a Oded Wiener, direttore generale del Gran Rabbinato di Israele. 

Vedere l’uno accanto all’altro – Irinej, Puljic, Ceric e Finci - nella cerimonia inaugurale del meeting di Sant’Egidio è un messaggio che va al cuore dei Balcani divisi ma ne supera le frontiere. Infatti, mentre mediante un messaggio del segretario di Stato Tarcisio Bertone, giunge a Sarajevo la vicinanza di Benedetto XVI per unirsi spiritualmente a tutti i presenti e confidare il suo pensiero che va, in  questi giorni,  in modo  particolare, al Medio Oriente,  alla   drammatica  situazione in   Siria  e  al   Viaggio Apostolico che  si  accinge a realizzare in  Libano.

Ritrovarsi a Sarajevo nello spirito di Assisi a venti anni dalla guerra di Bosnia e ad undici dalle Twin towers (il meeting si concluderà l’11 settembre), insieme cristiani, musulmani ed ebrei, è non solo una forma di resistenza alle semplificazioni che lasciano macerie, ma una proiezione che rafforza le prospettive di pace preventiva. La storia del Novecento, ha osservato il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, è segnata da Sarajevo, Perciò dire pace a Sarajevo acquista un valore impegnativo.  Qui, tra “le memorie differenti abitate dal dolore”, la fede insegna a vivere “quella parola chiave che è responsabilità. Viviamo già un futuro di pace nella costruzione europea, che nacque da spiriti credenti e che qui è rappresentata da uomini di valore e di spirito, come il Presidente van Rompuy e il Presidente Monti”. Se ieri aveva parlato contro l’euroscetticismo e avvertito la pericolosità di populismi che conducono a disgregazione, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio d’Europa, ha sottolineato a Sarajevo che “l’idea e la missione europee sono di sradicare la guerra per sempre. Il futuro è l’Unione Europea”. E’ una replica fine e ferma all’euroscetticismo ma anche all’idea che la crisi sia solo economico-finanziaria. “Si tratta di una crisi più profonda di quanto si possa pensare", ha rilevato il premier italiano Mario Monti che,  raggiunta la Bosnia dopo il workshop di Cernobbio, ha definito Sant'Egidio "faro nel mondo: l'Italia è orgogliosa di esserne sede" e ricordato la pace in Mozambico realizzata dalla Comunità venti anni fa. La crisi, dunque, per Monti "mina le basi di quell’umanesimo attorno al quale è nata e si è sviluppata la costruzione europea”.  Non si tratta solo di risanare i conti pubblici. L’uditorio ha seguito con grande attenzione l’intervento del Presidente del Consiglio, volto a dissipare quanti in Europa sembrano aver smarrito il loro agire insieme:  "Combattere la crisi non è semplice, lo abbiamo visto in questi mesi. Ne ho fatto esperienza io stesso, in questo periodo di governo della politica nazionale e di impegno nelle sedi europee. La questione non è soltanto quella di mettere a posto i conti, ma di risvegliare nel Paese una voglia di crescere, di ottimismo e di fiducia nel futuro. Sono un uomo dell'economia, ma posso testimoniare che anche nel campo economico, si sente il bisogno di sconfiggere ogni visione particolaristica e rassegnata, per acquisire una visione comune del futuro". Ai leader riuniti a Sarajevo è giunto anche un saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 

Per ulteriori informazioni e approfondimenti:

Notizie sull’Incontro Internazionale : http://www.santegidio.org/pageID/2461/SARAJEVO_2012.html

Marco Impagliazzo: http://www.marcoimpagliazzo.it/

Andrea Riccardi: http://www.santegidio.org/int/oratori/id/11/Andrea_Riccardi.html  oppure   http://www.andreariccardiministro.it

 

Approfondimenti

 

La svolta di Irinej - “Saluto Sarajevo – ha detto Irinej - dove vivono, oltre noi ortodossi, anche cattolici, musulmani, ebrei, come un popolo che porta il volto di Dio dentro di sé. Il nostro dovere è baciare ogni persona nella quale si riflette il volto di Dio. Dobbiamo amare anche i nostri nemici. Questo può chi porta Gesù dentro di sé”. “E’ passato molto tempo dalle divisioni fra cristiani, ma la casa divisa – ha detto Irinej – è destinata a distruggersi. Questo ci chiede di essere più vicini”.

Ha poi lanciato il suo appello: “A tutti quelli che “hanno la libertà di continuare l’opera di Dio e ai rappresentanti delle diverse chiese e religioni, a tutti i  responsabili faccio un appello: che Sarajevo non rimanga senza i cristiani. Così possiamo salvare quello che abbiamo ereditato e lo lasciarlo alle generazioni che verranno”. Nel nostro tempo “i valori umani sono spinti alla periferia e altre cose hanno preso il posto della fede”, ma il Cristianesimo “chiede amore per i vicini e per i lontani, anche per quelli che non sono cristiani. E’ questo che ci dà la caratteristica di essere cristiani, è l’essenza. Sentiamo che nella nostra vita abbiamo il dovere di  vivere così”.

“Non voglio soffermarmi sui momenti bui – ha detto per parte sua Puljic - La preghiera è stata forza per sopportare gli orrori della guerra, però adesso sempre di più si stende la nuvola della disperazione. Ecco perché è importante che da questa città parta il grande messaggio di speranza, il messaggio di energia positiva, che dice: le diversità non sono uno svantaggio ma una risorsa”. Da questa diversità, infatti, nasce il bisogno di “costruire un mondo in cui nella convivenza e nella tolleranza si possa sperare in un futuro migliore...  Siamo consapevoli di non essere i padroni di noi stessi… facciamo parte di una grande famiglia”. Sono segni e parole di una consapevolezza che si allarga, che si acquisisce in questa terra ferita, che non vuole rinunciare ad essere simbolo di convivenza. Oggi, nella giornata inaugurale dell’incontro, è stata consegnata la Haggadah di Sarajevo a Oded Wiener, rappresentante del mondo ebraico in qualità di Direttore generale del Gran Rabbinato di Israele.

Davanti alla platea multireligiosa, comprensiva del cardinale Puljic, del Gran Muftì Mustafà Ceric e del presidente della Comunità ebraica Jacob Finci, di fronte ai leader religiosi e politici, tra cui il premier italiano Mario Monti , del  fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, e il Presidente del Consiglio d’Europa Herman Van Rompuy, come anche i tre presidenti di Bosnia-Erzegovina, di Croazia e Montenegro, di nuovo il Patriarca Irinej, ha sottolineato il ruolo di Cristianesimo, Ebraismo e Islam nella cultura europea, invitando tutti i leader spirituali a collaborare per la costruzione di una civiltà del vivere insieme.

 

La preghiera del Gran Muftì - Gli ha fatto eco, con grande intensità, il Gran Muftì. Le vittime di Sarajevo – ha ricordato - sono state undicimila, di diverse fedi e nazionalità., tra i quali mille bambini, a seguito di quattro anni di assedio e bombardamenti. Ebbene queste vittime “meritano il nostro sincero impegno per la pace e la riconciliazione; meritano il nostro giuramento onesto a Dio e all’umanità che faremo tutto il possibile in modo che mai più capiti a nessuno quello che è successo qui”. Ceric, richiamando come nel 2014 sarà il centenario della Prima guerra mondiale che ebbe la sua scintilla proprio in Sarajevo, invita a considerare come “questa città è all’avanguardia della scelta per la pace o per la guerra nel mondo. Ma il nostro messaggio è chiaro: la nostra scelta è per la pace, non per la guerra, la nostra opzione è per la sicurezza, non per il terrorismo”.

Ceric ha quindi concluso il suo intervento con una bellissima preghiera che è un’invocazione alle figure di riferimento per musulmani, cristiani ed ebrei: “O Signore, se pecchiamo, dacci la forza del pentimento di Adamo. Se un disastro ci colpisce, insegnaci come costruire l’Arca di Noè. Se la disperazione ci oscura, illuminaci con la fede sincera di Adamo. Se siamo minacciati da un tiranno, rendici forti con il coraggio di Mosè. Se ci viene offerto l’odio, salvaci con l’amore di Gesù. Se siamo cacciati dalle nostre case, fortificaci con il desiderio al ritorno di Maometto.  Signore, ti chiediamo di unire i nostri cuori nell’umanità. Signore, ti chiediamo di rafforzare i nostri passi verso la verità e la giustizia. Signore, ti chiediamo di unire la nostra volontà verso la pace e la sicurezza”.

Finci, “non fare naufragio” - Per Jacob Finci, presidente della Comunità Ebraica di Bosnia ed Erzegovina, si rivolge a tutti, “i vicini di casa, che possono e hanno il diritto di essere diversi da noi, non meritano un rispetto minore, anzi li dobbiamo rispettare e amare nella loro diversità”. “Nessuno ha la chance di salvarsi da solo”, fa capire Finci. Se si fanno buchi sulla stessa barca “il naufragio è per tutti. Per l’irradiazione atomica, per il terremoto oppure per lo tsunami, non contano la diversità di fede e della visione del mondo, e ancora meno il colore della pelle. Semplicemente distruggono tutti”.

D’altra parte non esiste libro sacro “che proclama la distruzione dell’altro e del diverso. Noi viviamo su questo bellissimo pezzo di mondo che si chiama Bosgnia e Erzegovina. Ci è dato di poter vivere in esso in pace, di poter rispettarci gli uni gli altri”.

 

 

comments powered by Disqus