‘Sagrada Familia’ d’Europa. Per uno sguardo attento alle nostre porte del Cielo
Varcando la porta centrale di una cattedrale, “porta del Cielo” e “porta della giustizia”, in occasione delle liturgie più importanti – potremmo dire, quantomeno, “cittadine”, quando una festa, ad esempio, riaccende lo spirito di una tradizione – si avverte come la solennità si coniuga con la partecipazione di popolo. Si varcano quelli che Follet, con espressione suggestiva e felice, ha definito i pilastri della Terra, destinati a superare le barriere del tempo, a lasciare un messaggio e un orientamento, oltre i limiti del contingente e le stagioni della storia. Dalla cattedra si insegna, si annuncia, si chiama a raccolta tutti, il popolo che sente come una benedizione il sigillo della fede e la vitalità della Buona Notizia, ma anche chi ama il confronto, la possibilità di un altro incontro. La “cattedra dei non credenti” ideata dal cardinale Carlo Maria Martini sviluppava in modo originale e autorevole questa matrice che, oggi, su un piano non legato alla geografia delle cattedrali ma a spazi diversi, viene proposta come ‘Cortile dei gentili’, una sorta di agorà itinerante che ha fatto tappa nel Palazzo Vecchio di Firenze come, recentemente, con un intervento memorabile di Giorgio Napolitano, ad Assisi.
Luca Nannipieri, saggista e scrittore toscano, direttore del Centro studi umanistici dell’abbazia di San Savino (Pisa), da alcuni anni sta conducendo una battaglia culturale sulle “bellezze inutili” – le chiese, i luoghi, i monumenti, non classificati come decisivi nell’arte e pur tuttavia animati da gruppi liberi di persone, studenti, associazioni che vi colgono lo spessore di una sfida educativi – e ora si misura con i pilastri. Con ‘La cattedrale d’Europa’ (ed. San Paolo), coglie nella celebre ‘Sagrada familia’ di Barcellona, dovuta al genio di Antoni Gaudì (1852-1926), il senso di una sfida che non teme la modernità e anzi la abbraccia. “Gaudì – nota Nannipieri -ha costruito un popolo attorno alla cattedrale, ben più che la cattedrale stessa. Chi ammira soltanto la bellezza travolgente della chiesa deve sforzarsi di capire la vera sfida che Gaudì ha voluto lanciare al nostro tempo”. Ed è forse più che la sfida, la proposta stessa delle cattedrali. Ma c’è una specificità che va colta, sottolineata, compresa. A Gaudì, infatti, “interessava costruire un popolo, ben più che uno stile artistico. "Per realizzarla – diceva l’architetto - dobbiamo contribuire tutti, perché deve essere la chiesa di un popolo, di un popolo intero… Non vorrei terminare io i lavori. Un'opera del genere deve essere figlia di tempi lunghi, la sua vita deve dipendere dalle generazioni che se la tramandano e con le quali la chiesa vive e si incarna". E’ stata terminata da poco.
La bellezza della Sagrada Familia, dunque, per Nannipieri “non è tanto nel suo stile, ma nel suo essere in costruzione, nel suo venire su grazie alla volontà di libere donazioni, liberi lavori offerti gratuitamente, libere consegne donate affinché venisse realizzata”. La chiesa è stata costruita grazie a donazioni, “iniziata grazie alla volontà di una piccola associazione di fedeli di San Giuseppe, che ha cominciato a raggruppare soldi, aiuti, sostegni, appoggi. Poteva diventare una piccola o una modesta chiesa, ma poi è arrivato Gaudì”. E mentre la elaborava con schizzi, progetti, disegni, abbozzi, “ha iniziato al tempo stesso ad aggregarci persone, a richiamare gli individui affinché avessero cura di questa chiesa”.
Quando Gaudì è morto nel 1926, aveva costruito attorno alla chiesa (di cui si vedeva solo una minimissima parte) una tale forza simbolica e aggregante che parteciparono in 100 mila al suo funerale.
La costruzione della Sagrada Familia non si è fermata con la morte di Gaudì, “ma è proseguita nonostante la Guerra Civile, la dittatura di Franco, la distruzione di quasi tutto il materiale di studio di Gaudì, nonostante l'assassinio di molte persone che hanno lavorato per l'edificazione di questa cattedrale. Una cattedrale venuta su per libere donazioni, per libera volontà di una comunità, che è divenuta poi un popolo. La chiesa non è ancora finita, ma è già un simbolo la sua stessa costruzione”.
L’Europa che consolida il suo destino comune – pena la sua decadenza - ha bisogno di pilastri così. Se guardiamo così le cattedrali nelle città che visitiamo - e solo in Toscana ve ne sono di bellissime – ritroviamo tra le mani una bussola che non lascia spaesati.
Sul tema si può leggere anche ‘La Sagrada Familia secondo Gaudì’ di Armand Puig i Tàrrech (San Paolo, 2011)