Per ascoltare la voce di Elma
Nell'esortazione apostolica 'Evangelii gaudium' sono contenuti alcuni pilastri dell'azione pastorale di Papa Francesco e della sua visione della Chiesa e del mondo. Alcune letture vengono riprese anche nel messaggio che ha scritto per la Giornata mondiale per la pace, a cui è dedicato il primo giorno dell'anno (si possono entrambi leggere su www.vatican.va). Tornare allora ad essere sensibili mentre la “globalizzazione dell'indifferenza” genera la cultura dello scarto: non esistono nemmeno più gli sfruttati, ma gli scartati, gli inutili a coloro che ce l'hanno fatta e hanno accumulato ricchezza. La riflessione di Francesco ha scandalizzato non pochi benpensanti. Negli Usa, ad esempio, ha provocato un confronto acceso tra i Repubblicani soprattutto per la critica alla teoria della cosiddetta 'Ricaduta favorevole', ma il dato di fatto è che essa coinvolge tutti e c'è una responsabilità personale non solo per avere acquisito una chiarezza di visione ma anche per creare un'altra cultura con il proprio vissuto. Il corteo 'Pace in tutte le terre', che ha richiamato a Firenze 500 persone su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, ha toccato a partire dall'ex carcere delle Murate, tappe che riaprono domande e prospettive di pienezza per tutti, potremmo dire di alta politica. Proponiamo di seguito la testimonianza di una ragazza Rom, che abbraccia nelle sue parole anche la memoria della Shoah e che sfata tanti luoghi comuni.
“Sono Elma, ho 16 anni, vorrei raccontare qualcosa sui Rom, sulla mia famiglia e sulla mia storia.
Io sono Rom, i miei genitori sono nati in Italia, ma di origine sono kosovari. I miei nonni arrivarono qui alla fine degli anni Settanta e si stabilirono prima al campo nomadi di Sesto Fiorentino, poi sono stati trasferiti al Campo dell’Olmatello insieme ad altre famiglie scappate negli anni Novanta dalla guerra nei Balcani: circa 350 persone. Spesso nella storia i Rom sono dovuti scappare e non solo in queste ultime guerre. Mio nonno è stato rinchiuso in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale: da piccoli cantava una canzoncina in lingua ebraica, imparata da ragazzo dagli altri prigionieri. L’ho scoperto soltanto da grande dopo aver studiato che in quel periodo sono stati uccisi 500.000 Rom.
Quando stavano all’Olmatello, per i miei genitori c’era il problema di ottenere il permesso di soggiorno per stare in Italia in modo regolare e trovare un lavoro senza dover fare l’elemosina. Di quando vivevo al campo ricordo le baracche, le roulotte, i giochi fatti per strada con i bambini … Aspettavamo con ansia il pulmino che ci portava a scuola e poi il lunedì e il giovedì andavamo alla Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio, studiavamo e giocavamo. Alla scuola elementare noi bambini Rom eravamo spesso quelli più vivaci, che non portavano i compiti fatti, che andavano poco a scuola e quindi rischiavano di essere bocciati. Per questo motivo una volta anche io sono stata bocciata ed ho passato un’estate con i miei amici della Scuola della Pace a prepararmi per l’esame di riparazione recuperando l’anno.
Io lo so cosa si dice sui Rom, cosa si pensa, ma i miei amici della Scuola della Pace, anche se forse all’inizio pensavano le stesse cose di tutti, sono venuti spesso a trovare i miei genitori fin da quando stavano al campo, per prendere il caffè insieme, festeggiare i compleanni e sono diventati amici. Mi ripetevano sempre che io e mia sorella dovevamo andare a scuola per avere un futuro con meno difficoltà di quelle incontrate dai miei genitori. A scuola ci sono andata, tante volte controvoglia, ma con il tempo ci ho preso gusto: ho fatto un esame di terza media con i complimenti della commissione; ora faccio l’istituto alberghiero e tante materie mi appassionano; mi piace leggere e conoscere cose nuove.
Ho tanti amici: quelli della scuola e quelli con cui sono cresciuta alla Scuola della Pace. Siamo ragazzi di tante nazionalità, ognuno con la propria lingua di origine e le proprie tradizioni, ma siamo amici. Insieme aiutiamo i bambini delle Piagge italiani e stranieri: gli insegniamo a leggere e scrivere, anche noi facciamo la Scuola della Pace. Quello che ho imparato lo posso insegnare a loro: che la scuola è importante, che l’amicizia anche con chi è diverso è il nostro futuro e che tutti possono essere utili. Del resto proprio questa è la mia storia”.