L'ora di Religione

Lettera di Pasqua

D'accordo. C'è spaesamento. Disorientamento. Non è solo un problema di crisi economica e sociale, per quanto consistente. Anzi, la crisi può essere un alibi per dare ulteriori spazi a quella "tristezza individualista" esplorata nella sua esortazione da Papa Francesco e che il cardinale Giuseppe Betori richiama nella sua lettera per la Pasqua. Ma non ci si può rassegnare, si deve ripartire nella città dai bambini e dagli anziani. La Buona Notizia arriva in un contesto concreto. Vangelo, bambini e anziani. Se gli uni sono possibile "apertura del nostro desiderio a un futuro che non c'è ma che saremo capaci di generare per loro, insieme a loro", gli altri confermano, se li riscopriamo, che "possiamo generare il futuro solo a partire da una storia, una memoria che ci narra il passato, la tradizione in cui viviamo". Si esce dalla crisi accogliendo una sfida all'educazione, tra scuola e famiglia, tra le scuole e le istituzioni. Se i fondi per la scuola, come per la famiglia calano, se ci si preoccupa di questioni senza sostanza che riguardano pochi invece di preoccuparsi dei problemi di molti, di tutti, è perché per tutti noi sono date per scontate, oppure sono ritenute ormai superate".

La Chiesa raccoglie la sfida educativa a più livelli, anche quella dell'istruzione. Il cardinale invoca “effettiva autonomia alla scuole gestite dallo Stato ed effettiva parità alle scuole gestiste dalla Chiesa e da altri soggetti della società civile”. Sullo sfondo la tappa del 10 maggio prossimo, per un grande incontro con Papa Francesco a Roma sulla scuola. Betori invita tutti a questo appuntamento, perché “senza impegno educativo non c'è futuro per il nostro popolo”, “senza un’alleanza tra famiglie e scuola, questa diventa un territorio di nessuno e ne soffre la crescita dei nostri figli”, “senza un sostegno delle istituzioni pubbliche a tutto il sistema scolastico, si aprono scenari di diseguaglianze e tutta la società ne soffre”, “senza una salda visione della persona umana, della sua dignità e della vocazione sociale, l’educazione rischia di costruire sul vuoto o addirittura di generare degrado”.

Non è un'esortazione generalista. Il cardinale insiste sull'aspetto personale. La sua riflessione infatti si pone in relazione al tempo di Quaresima – che comincia questo mercoledì, con le Ceneri – viaggio verso la Pasqua, trionfo della vita sulla morte, tempo di conversione dagli schemi abituali della vita, di ritorno a una sensibilità sottratta alla forza di inerzia, alla fretta delle abitudini, per ritrovare la capacità di scandire il tempo. E allora, la lettera, che verrà portata nelle famiglie dai parroci e dai loro collaboratori per le benedizioni nelle case, mentre invita al coraggio e alla speranza come antidoti alla rassegnazione e alla pigrizia, riconosce la necessità di orientamento, in un quadro di “sradicamento” (come assenza di “un luogo che si considera come casa propria” e come “non avere più regole nell'illusione che il capriccio sia la cifra della libertà”), discontinuità, erosione in piccole e grandi fratture tanto da allontanare i percorsi comuni. Ci sono punti interiori di chiarezza. Betori ne indica in particolare due, pensando ad insegnanti e genitore. Si tratta di superare “il confronto tra la stanca demotivazione degli insegnati e il narcisismo iperprotettivo dei genitori, in favore di una collaborazione a far crescere i figli: una volta gli alunni avevano paura di portare un brutto voto a casa, perché i genitori avrebbero preso la parte dei professori (e viceversa); oggi è più probabile il contrario”. Quanto è vero.

La lettera per la Pasqua del cardinale, dunque,  tocca alcuni nodi importanti per la crescita umana e civile della città, insistendo soprattutto sull'intreccio famiglia-scuola-educazione, visto come prioritario anche per la missione pastorale della Chiesa. La famiglia viene considerata come abbraccio di più generazioni, in cui la presenza degli anziani da una parte e quella dei piccoli dall'altra danno senso anche ad adulti responsabilizzati che vivono nel tempo e non fuori da esso. “Ecco il segreto della difficile arte del genitore – scrive Betori - guardare al futuro senza voler esserne padroni, custodire il passato senza esserne schiavi”. Possiamo integrare la lettura della lettera con alcuni dati statistici offerti dal Comune di Firenze per cogliere il profilo di giovanissimi, anziani e famiglie. I residenti a Firenze al 31 gennaio 2012 sono 373.202 di cui 53.401 stranieri. Diminuito il numero medio dei componenti per famiglia che passa da 2,6 del 1981 a 2,5 del 1991 per arrivare nel 2001 a 2,1 e nel 2011 a 2,0. Le famiglie composte da un solo componente sono dal 1981 al 2011 più che raddoppiate: nel 1981 “erano 41.102 ed erano superate dalle famiglie composte da due componenti, mentre alle fine del 2011 sono 85.672 e rappresentano da sole il 46% del totale delle famiglie”. Le famiglie numerose con almeno 5 componenti “rappresentavano l’8% totale delle famiglie nel 1981 mentre attualmente rappresentano solo il 3% complessivo delle famiglie fiorentine”. Dati più recenti dicono che nel 2013 a Firenze ci sono 215,5 anziani ogni 100 giovani. Gli anziani sono il 26 per cento della popolazione. I giovani (0-14 anni) il 12 per cento, gli “adulti” (dai 16 ai 64 anni) sono oltre il 61 per cento.

Come leggere questi dati? Si legge nel bollettino statistico del Comune del febbraio 2012, che “l'aumento del numero dei nuclei familiari e la diminuzione del numero di componenti per famiglia sono da imputarsi all’invecchiamento della popolazione che ha portato numerosi anziani, prevalentemente donne, a vivere da sole a causa della vedovanza; anche il forte aumento dell’immigrazione straniera ha causato l’incremento delle famiglie unipersonali perché sono molti gli stranieri, soprattutto nei primi anni dall’arrivo, a essere anagraficamente soli”. Bisogna però prendere i dati anche nella loro positività. I giovanissimi sono aumentati dell'1,7 per cento dal 2002 ad oggi e anche gli anziani (dello 0,6) . A Firenze si invecchia e questa è una benedizione perché vuol dire che la speranza di vita è aumentata. Ma anche l'immigrazione rappresenta un'opportunità. Ha portato forze giovani in città offrendo una risposta di sostegno sostenibile, economicamente, da parte delle famiglie quando esse hanno problemi di assistenza domiciliare.

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