Maria Cristina Ogier: “Il più felice dei miei giorni”
Le pagine di Duccio Moschella su Maria Cristina Ogier, alla quale l'autore ha dedicato il libro 'Il più felice dei miei giorni' (ed. Sef), sono nuove, nel senso che rappresentano una prima scrupolosa ricostruzione biografica in profondità e in ampiezza di questa ragazza (1955-1974) per la quale la diocesi di Firenze ha aperto il processo di beatificazione. Maria Cristina oggi avrebbe 59 anni. Nel tracciarne il profilo, Moschella supera una visione dolorista della sua figura, riconducendo in particolare la sua fraternità con chi stava ai margini non tanto a un'attività assistenziale e aggiuntiva, quanto sostanziale per la fede. Le residenze per i disabili, da lei ispirate, avrebbero dovuto essere “belle come la mia casa”. Ammalatasi di tumore a quattro anni, Maria Cristina sviluppa un rapporto interiore non ostentato ma coltivato con Gesù. Ne rende conto il suo diario con pensieri brevi e incisivi. Le sono anche attribuiti due sogni in cui – secondo le testimonianze riportate da Moschella - le sarebbe apparso come in visione. Nella parabola della sua breve ma intensa esistenza, frequenta i gruppi di Padre Pio guidati da Mons. Giancarlo Setti, quindi opera nell'Unitalsi, infine allestisce, con l'aiuto dei portuali di Livorno, un battello fluviale attrezzato a piccolo Ospedale che viene inviato, portando il suo nome, nel Rio delle Amazzoni Semplice e determinata, affronta, con interventi pubblici, argomenti scomodi, come l'aborto e lo fa quando il tema non è ancora emerso con la sua carica divisiva. Lo fa quando il tema non è ancora emerso con la sua carica divisiva. Ne parla col padre, Enrico, primario di Ostetricia e ginecologia all’Ospedale di Careggi. Nascono incontri e confronti che sono all'origine del primo Centro italiano di 'Aiuto alla vita'.
La biografia edita da Sef non è un film che comincia dalla fine. Semmai, ripercorrendo la storia di Maria Cristina, emergono le difficoltà che incontra una testimonianza evangelica, anche tra persone che si amano. Scrive nel 1973: “La società mi allontana; anche i miei genitori, in certo modo, mi proibiscono di fare questo e quello, tutto si rifiuta a me che ho accettato la tua volontà. Coloro che mi stanno vicino mi sopportano; che grande umiliazione, l’esser sopportata, l’essere amata, a volte, contro voglia”.
Nel lavoro di Moschella, che riporta anche il 'Diario intimo', si viene a contatto in modo più robusto con la figura di Maria Cristina, grazie ai documenti e a testimonianze di guarigione e di segni che sono all'origine del processo di beatificazione.
Per Moschella Ogier “è stata una ragazza che ha lasciato il segno in quanti l’hanno conosciuta e nelle opere da lei iniziate e che ancora oggi continuano. Un esempio, soprattutto per i giovani, di come i cammini di santità non siano missioni impossibili".