William Quijano e i giovani di Romero. Primero Dios (5)
Nei giorni della Settimana Santa, le comunità organizzano momenti di preghiera per ricordare i “martiri”, gente non violenta che non ha rinunciato a testimoniare la forza disarmata del Vangelo fino, come recita l’espressione più utilizzata per indicarli, “all’effusione del sangue”. Sono in genere storie di persone solari, travolte dalla violenza e anche da un’abitudine a non parlarne, come se morire da cristiani fosse “normale”. Eppure… Vescovi, sacerdoti, religiosi, una schiera numerosa di laici che porta con sé il sigillo del martirio, quello per cui si muore per gli altri, con volontà di dare la vita, non di portare la morte. Proprio accostandosi alle storie dei martiri a noi contemporanei, si scopre che c’è una generazione di giovani che ha assunto nelle proprie mani il testimone di Oscar Arnulfo Romero, il vescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 per il suo instancabile impegno per la Chiesa e la pace in un Paese devastato dall’autoritarismo e dalla lotta armata, e di cui è prossima la beatificazione (il 23 maggio). Questa generazione ha il volto di William Quijano, un ragazzo di 21 anni, ucciso dalle terribili maras che non sopportavano il suo esempio semplice, pulito, di un’ educazione senza violenza per i ragazzini delle periferie salvadoregne. un modello alternativo "insopportabile", per le maras. “William ha vissuto quello che il Vangelo dice quando sottolinea che il discepolo non è da più del maestro, ma che ognuno ben preparato sarà come il suo maestro”: parole di monsignor Jesus Delgado, che di Romero fu forse il più stretto collaboratore e che oggi è vicario generale della diocesi di San Salvador. Delgado tracciò a Monaco di Baviera, durante il meeting internazionale per la Pace ‘Destinati a vivere insieme’, un profilo di questo giovane della Comunità di Sant’Egidio, ucciso a 21 anni nel suo quartiere di Apopa, in El Salvador, nel 2009. La storia di William è espressiva di una risposta al problema, crescente, della violenza diffusa che cresce nelle megalopoli sudamericane ma anche in Europa.
“William – spiegava Delgado - è venuto a contatto con Romero per la testimonianza che di lui era stata data dalla Comunità. Aveva già ricevuto dallo Spirito Santo la grazia che conduce l’uomo al Vangelo. A Sant’Egidio comincia a conoscere a fondo la persona di Gesù e ne diventa un vero apostolo”. Lavorava in Comune per il recupero dei giovani tossicodipendenti. Con lo stipendio sosteneva la madre e altra gente bisognosa, ma da qualcuno era avvertito come un pericolo, una minaccia: le “maras”, le terribili bande giovanili che sembrano controllare il territorio e si appropriano del futuro di una intera generazione sotto il segno di una violenza sfacciata.
La genesi di queste “specie di famiglia” è nella fine della guerra civile, il ‘92, quando la guerriglia lascia la lotta armata ma pochi riescono a reinserirsi nella società e ancora meno vengono "riconvertiti" nell'esercito regolare. I più sono spaesati. Una parte degli emigrati in America impara, negli slum di Chicago, le tecniche delle gang nere e ispaniche locali. Quando tornano a casa è un'escalation naturale di illegalità e criminalità, in un mondo con poche prospettive per i giovani. Le famiglie assenti, i genitori inghiottiti dalla guerra, lasciano spazio a una nuova "famiglia", solidale ma malata di violenza. Sparare e uccidere diventa un mestiere e un linguaggio. "Per farlo c’è bisogno di un nemico e il nemico diventa la società, che non li ha riaccolti e anzi li ha scansati - ha raccontato Delgado - Formarono allora le maras, una specie di famiglie che si impongono sulla società considerata nemica. Chi vi entra ha un’identità e una protezione che poi diventa sottomissione e, come si è verificato, assorbimento nel narcotraffico che gestisce il passaggio della droga dalla Colombia agli Usa”.
In tutta l'America centrale si contano centomila aderenti alle maras, reti di solidarietà criminali, che offrono adozione. Adozione che William rifiuta. E' un giovane entusiasta di un’altra possibilità, quella che vive lui per primo e con la quale cerca di contagiare i suoi coetanei e quelli più giovani di lui. E' la 'Scuola della pace', luogo di incontro di studio degli amici di Sant'Egidio con i giovanissimi. Una foto lo ritrae così, felice in mezzo a loro. Lavora a “convincere i giovani di Apopa a trovare la strada della vita, ma l’amore viene avvertito come una minaccia, l’alternativa alla violenza proposta da William come un pericolo”.
Secondo Delgado quello di William è il profilo di un “giovane umanista” che offre la vita per la liberazione dei suoi amici dalla violenza, lontano dalla logica dello scontro e della criminalità giovanile. “Il suo è il martirio dei pacifici – conclude il segretario di Romero – la cui alterità suona protesta e alternativa alla sopraffazione”. “Semplice, amichevole, disponibile al servizio”, William spende il suo sogno dai suoi 17 anni nella ‘Scuola della pace’, luogo di alfabetizzazione ed educazione per i giovanissimi. Viene ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre rientra a casa la sera del 28 settembre 2009. La madre sentì uno sparo e poi, da dietro la porta, la voce del figlio che chiedeva aiuto. William salì correndo e morì tra le sua braccia. "Lo hanno ucciso per invidia - racconta la madre Janeth Marlene Zetino - perché era amico di tutti, tutti lo conoscevano e tutti lo amavano. Penso che il suo modo d'essere infastidiva quelli che volevano che Apopa restasse sola in un silenzio di morte". Ma oggi ad Apopa si sente la voce di William, non c’è più silenzio di morte. Forse i santi nascono così e sono così. (5-fine)