L'ora di Religione

Il barcone

L’Italia accoglie ancora oggi un numero di rifugiati (poco più di uno ogni mille abitanti) largamente inferiore a quello di Germania (2 ogni 1.000 cittadini), Francia (4 ogni 1.000) e Svezia (14 ogni 1.000). E senza fare confronti con Paesi come il Libano che ne ospita, da solo, un milione e mezzo (su 4 milioni e mezzo di abitanti). Osserva la Comunità di Sant'Egidio che non siamo davanti a una presunta “invasione” di stranieri e perciò “è necessario calmare gli animi e riflettere”; riflettere sul fatto che la gente non fugge per divertimento, ma per esasperazione di guerra, terrorismo e povertà, frutto anche di squilibri non di rado generati dai nostri padri (pensiamo alle ex colonie italiane: Libia, Eritrea, Somalia e forse bisognerebbe pensare allo spaventoso traffico d'armi che ha l'eccellenza di produzione non a Timbuctù, ma in Occidente e nel Nord del mondo). La Storia non è un lungo presente ma è certamente un'eredità spesso da svelenire.

Per questo sono particolarmente gravi – e vigliacchi, perché condotti contro indifesi - gli scontri provocati a Treviso e a Roma e l'odio portato a un centinaio di richiedenti asilo, come fu gravissimo l'attentato ai senegalesi a Firenze in cui persero la vita Modou Samb e Diop Mor.

“E’ vergognoso quello che sta accadendo in queste ore a Roma e Treviso. E’ chiaro che c’è una volontà politica, da parte di alcuni gruppi, di sfruttare le tensioni presenti nella società italiana, ma questa strumentalizzazione è intollerabile”, sottolinea Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr. 

Una città che non accoglie i migranti (famiglie e ragazzi in fuga da guerre, persecuzioni e povertà) è un popolo senza memoria, un agglomerato umano che non può dirsi comunità - sottolinea in una nota la Caritas di Roma - Così anche il tema dell’accoglienza – le procedure di emergenza, l’individuazione dei luoghi – rischia di scontrarsi con egoismi, interessi e paure. Sentimenti di cui approfittano forze politiche senza scrupoli per incrementare un clima di odio che mai si era visto a Roma e in Italia”. L'Arci rileva la chiusura in se stesso di "un Paese incattivito: è passata l’idea dell’invasione, di un Paese in perenne emergenza per far fronte a un’immigrazione che ha numeri più contenuti che in altri Paesi. Il tutto per giustificare, politicamente e moralmente, l’incapacità di gestire qualche migliaio di persone in fuga per la sopravvivenza".

Forse anche i media – e politici di colori dissimili, ma che diventano uniti nel tirarsi indietro quando si tratta di dare la disponibilità di pochi posti nelle loro comunità civiche - farebbero bene a non prestarsi al gioco dell'esasperazione di gruppi violenti che vogliono monopolizzare l'attenzione e pretendere di rappresentare tutti. In questi giorni tantissime persone si fanno in quattro per aiutare i profughi e sono certamente di più dei violenti. Ma gli uni non fanno rumore, gli altri sì. Paradossalmente chi aiuta non viene ascoltato, chi aggredisce sembra invece averne il diritto mentre rimane sordo a un qualsiasi confronto.

Sono particolarmente efficaci le parole pronunciate dal premier Matteo Renzi all'assemblea del Pd ad Expo: «Discutiamo di tutto ma restiamo umani di fronte a un dolore che ha diritto alla dignità. Se una bambina muore non permettiamo che per un punto nei sondaggi si rinunci a essere persone umane». Il riferimento è alla bambina sirana diabetica morta durante la traversata perché gli scafisti le hanno gettato via lo zaino con l’insulina. Temi così importanti per la vita di tutti andrebbero sottratti allo scontro. Ci vorrebbe una moratoria e se proprio deve esserci uno scontro che sia sulle proposte e sulle possibilità di soluzione da adottare. Lo dobbiamo a questa bambina la cui vita si è persa su un barcone, come a quel piccolo ivoriano ritratto a raggi x nella valigia che invece, grazie a Dio e alla sensibilità umana, si è salvato.

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