L'ora di Religione

Forzando gli occhi socchiusi

“Vergognoso attaccare i profughi”. Con questa frase Angela Merkel ha aiutato l'Europa e, a onore del vero, soprattutto il nord Europa, a sollevare un po' di più le palpebre aggiungendo, di fronte all'attacco di neonazisti al centro accoglienza di Heidenau (avete letto bene, i nazisti ci sono ancora), che ci sarà “tolleranza zero” per chiunque neghi la dignità umana ai migranti. E' proprio qui il punto. Avendo ignorato lo statuto di essere umano e adottando per comodità quello di “clandestino”, che rende anonimo chi ha una storia, anche breve, come quella di un bambino, si è animata al di là delle intenzioni la deriva dell'orrore, con i camion-container e le navi con gli immigrati morti asfissiati, e allargato il gorgo del naufragio. Con una convergenza di responsabilità e irresponsabilità, si è negata dignità umana ai migranti. Di chi è la colpa? Di fronte a questo dolore assurdo, per anni in molti hanno addebitato tutto proprio a chi fugge. Ma la colpa è soprattutto di un modello economico che di sviluppo porta solo il nome, e del suo gemello simbiotico e brutale che è la guerra. "Quando (i migranti) arrivano in un porto o su una spiaggia, li cacciano via sul mare. Questo è un conflitto non risolto, e questa è guerra, questo si chiama violenza, si chiama uccidere”. Papa Francesco, 8 agosto 2015). Breve variazione sul tema: sono significative le prese di posizione di Obama tanto in ordine alla diffusione delle armi che sulle tragedie della natura: non prevenute e lasciate a se stesse, come accadde a New Orleans dieci anni fa, diventano “disastro degli uomini, non della natura”.

Ma torniamo ai migranti. In gran parte vengono da Siria, Pakistan, Somalia, Eritrea. Viene da pensare all'ultimo abbraccio ricevuto nella loro vita. E' un esercizio da fare quello di contestualizzare un volto, una storia, una famiglia, il dramma della guerra, il tentativo di salvare almeno qualcuno, il razzismo incontrato, la vulnerabilità di tantissime povere donne abusate.

In un libro che sembra suggerire sorrisi estivi - peraltro sacrosanti, e ci mancherebbe - e al tempo stesso percorso da venature e ispirazioni autunnali, il poeta Roberto R. Corsi ha preso in esame con una versificazione libera e una terminologia erudita apparentemente scanzonata, la domanda che viene da chi fugge dal male e cerca di trovare un approdo. E' un libro amaramente sincero, che lascia spazio alla spiegazione e anche alla sentenza, dopo aver attratto l'attenzione del lettore su rebus di immagini, con il pretesto di presentare la sua raccolta come un'impepata di molluschi sulle spiagge della Versilia ('Cinquantaseicozze', ed. Italic). In questa nuova prova letteraria, l'uomo che apre gli occhi e vuole uscire “dall'avvitamento in caduta verso il passato”, supera la pur necessaria ricerca della “sospensione del tempo in cartoline litoranee” e si lascia raggiungere in modo più profondo dagli altri, da cronache che si vorrebbe dimenticare (Corsi cita il cognome dell'attentatore ai senegalesi di Firenze). Altrimenti, digitalizzati e illusi di vivere come in una pellicola, si finisce per vivere “lungo il film dell'erosione” che ha per agenti attivi l'orgoglio e il possesso, mentre “manca poco all'incontro brizzolato del mare col tempo”. Questa premessa apre alla lettura di quattro testi che proponiamo:

XXIX

Siamo sicuri di poter dire che è stata una bella giornata di festa

mentre gustiamo il nostro piatto a un tavolino al sole, il mare dinanzi?

Il piacere della compagnia, del vuon vino, del pesce, l'avvenenza delle astanti -

ma torme di migranti ci attorniano con le loro emergenze

in forma di borse o direttamente d'elemosine, a dirci la cruenta irrealtà

del nostro privilegio.

XXXII

I passerotti (comunissimi Passer Italiae) hanno un senso sviluppato:

avvertono la nostra ora di pranzo e sciàmano sotto il tendone per mettersi in mostra

e ricevere briciole fragranti. Chissà se hanno coscienza e calcolano d'essere graziosi

o ingenuamente credono che la solidarietà sia cosa del genere umano -

poveri passeri ignari del nostro strisciante sottofondo di Casseri.

XXXVII

Non posso tralasciare questo fascismo da spiaggia

[…] e ubiquo razzismo in aerosol che ogni tanto crea il “folle”. C'è una legge

a vietar tutto questo ma non basta, non tiene,

la legge non esiste se non quando fa comodo a noi, noi non paese...

XLIII

Non si ha nessun problema nell'uccidere un uomo

quando il coltello è il lento diniego della sua dignità,

quando il cappio è l'irrisione della forza lavoro,

è la cimosa ufficiale contro il pensiero obliquo.

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