L'ora di Religione

L’Epifania di un altro

Quando ripartono da Betlemme, i re Magi cambiano strada per poter tornare alla loro terra: la loro vita non è più la stessa, l'incontro con Gesù, bambino, ha cambiato i loro piani. Così accade anche a chi si avvicina a Betlemme lasciandosi guidare dal racconto del Vangelo, luce che splende nelle tenebre – per riprendere le parole dell'inno di Giovanni - e le tenebre non riescono ad afferrarla, a trattenerla. Possiamo dire questo anche nei contesti più duri, anche all'inizio di quest'anno costellato di una crisi emersa in tutta la sua evidenza (Iran e Arabia Saudita), l'esplosione atomica in Corea del Nord, la diffusione senza freni delle armi. “Ecco, la tenebra ricopre la terra,/nebbia fitta avvolge i popoli;/ma su di te risplende il Signore,/la sua gloria appare su di te” (Is, 60). Questa gloria dalla periferia del mondo, qual era Betlemme, da ogni periferia, porta con sé una concreta declinazione nella vita degli esseri umani. La regalità di Gesù abbraccia i periferici, i poveri, quelli che non contano e nei quali egli si identifica, fino a condividerne la sorte più amara: “Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,/salverà i figli dei poveri/e abbatterà l'oppressore”, così recita il salmo 71 che la tradizione cristiana legge per cogliere un aspetto decisivo della regalità mite e non violenta di Gesù di Nazareth. Regalità che supera le distinzioni etniche, idee nazionaliste di patria, l'idea stessa che ci si salva da soli: le genti, scrive Paolo nella lettera agli Efesini, “sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. L'epifania (cioè manifestazione) è che Dio si rivela, si manifesta, più uomo degli uomini, più umano degli umani, rivela quello che era un mistero: e cioè che tutti siamo figli e fratelli, condividiamo l'eredità della vita. Questo spinge chi segue Gesù a cambiare il mondo, dalla periferia in cui egli è rispetto al tutto, in quello spazio, in quel luogo, in quelle situazioni umane o da rendere tali, laddove può rivolgersi agli altri con uno sguardo e parole che non sono indifferenti e non lasciano tali. “La periferia deve essere l'orizzonte quotidiano delle nostre comunità”, del nostro cuore. “Quando in una città i poveri e i deboli sono curati – ha detto Papa Francesco - si rivelano il tesoro della Chiesa e un tesoro nella società”. La domanda interessata di Erode a cercare i luoghi in cui deve nascere Gesù, per poter dare sfogo all'invidia e al timore di perdere il proprio potere, negli amici di Gesù, come per i Magi, si trasfigura nella ricerca dei luoghi dove accogliere quelli in cui Gesù si identifica, convertire il proprio cuore dall'aridità alla vita, alla sensibilità, a un futuro che ha sempre davanti a sé una luce, da ricercare e alla quale essere fedeli. Anche quando non riusciamo a vederla, ma solo ad intravederla da una parta proviamo una grandissima gioia; dall'altra anche questa gioia ci scandalizza. Istintivamente, infatti, preferiamo la forza delle abitudini che rassicurano. C'è una bella riflessione, a riguardo, di padre Ernesto Balducci, riportata nel postumo 'Pensieri per un anno' : “C'è una profonda paura del nuvo, delle Epifanie, dentro di noi perché esse sono destabilizzanti, cioè, scuotono le nostre solidità interiori e quindi, l'istinto di difesa ci porta a chiudere immediatamente la prospettiva su cui era apparsa la luce dell'altro” ('Pensieri per un anno', a cura di Andrea Cecconi e Beppe Dati, Fondazione Balducci, San Domenico di Fiesole 2012).

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