Sete di pace
La preghiera è una forza storica, percorre la cronaca oltre le apparenze, crea trame inedite, come sta accadendo ad Assisi con ‘Sete di pace’, il meeting promosso dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con le famiglie francescane e la diocesi di Assisi, a trent’anni da quel momento voluto tenacemente da Giovanni Paolo II nella città di San Francesco perché le fedi fossero dissociate da scelta armate. Dio non benedice la morte, ma piange figli che si autodistruggono violentando anche il suo nome. Ma non è un Dio muto. Indica strade che sono state poste sotto il nome dello “spirito di Assisi”, spirito che ha avuto un ruolo non certo secondario nella caduta del muro di Berlino. Dopo l’89 quello “spirito” è stato per molti versi l’unica forza, forza debole ma vera, a creare ponti per salvare Paesi condannati alla frammentazione, a difendere la dignità di uomini e donne come figli e fratelli e non a condannarli come possibili scarti, mentre si aprivano gorghi terribili come in Ruanda e nei Balcani, si riabilitava a molti livelli la guerra – ed è davvero paradossale - come strumento di risoluzione di conflitti, si lasciava l’Africa alla deriva mentre le agenzie di rating sembravano incarnare la voce del verbo unico, capace di prevedere qualcosa, mentre in realtà le bolle speculative – non di rado fondate su giudizi di “solidità” – avvelenavano, con l’aiuto di non pochi squali il mare dell’economia, al tempo stesso idolo e demone. L’irruzione del radicalismo armato ha fornito nel frattempo una grammatica a giovani periferizzati, a vari livelli, tanto in Occidente che nel Medio Oriente e in Asia: una vera e propria tragedia della gioventù se si tiene conto dell’età media di vittime e carnefici. Questo “spirito” ha nelle mani ago e filo per cucire tessuti sconnessi, spesso lacerati. Questo spirito soffiava e noi speriamo soffi ancora in Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, vescovo siro-ortodosso da Aleppo, sequestrato nel 2013 insieme al metropolita greco-ortodosso Paul Yazigi, nelle aree invase dal Daesh. Riferendosi agli incontri portati avanti dalla Comunità di Sant’Egidio e da ‘Uomini e religioni’ nello spirito di Assisi, ogni anno lungo nuove tappe, osservava: “Se il successo ha accompagnato questi incontri è perché quelli che si occupano di essi portano nei loro cuori una salda fede e una fiducia associata con la speranza, di cui nessuno dubita: una fedeltà che ha tutti i significati del lavoro serio per continuare tale attività anche se i sacrifici sono grandi e le strade intraprese per raggiungere questo scopo dure e impraticabili in tutti i sensi”. Lo diceva a Firenze nel ’95, ben prima dello spartiacque del 2001 che avrebbe determinato anche le sue sorti. Ebbene Mar Gregorios identificava lo spirito di Assisi con alcune espressioni, frutto di cammino, non preventivate: conoscersi e “edificare saldi ponti di amicizia priva di interesse personale; amicizia ricca di amore e di buoni sentimenti, amicizia che apre una nuova strada di collaborazione tra i rappresentanti delle religioni da una parte e, per il loro tramite, tra i loro popoli e i loro Paesi... I nostri incontri non sono chiusi in un luogo geografico di questo mondo o in una sola religione, escludendo le altre, o in una confessione che ha i segni del successo; questi incontri sono creati per avvicinare i lontani. Non è facile svolgere questo difficile compito in un tempo in cui l'uomo si allontana dal suo fratello nelle guerre e nelle dispute”. Questa lunga citazione non può fare a meno di riportare anche la chiusura dell’intervento del vescovo di Aleppo, a cinque anni dal nuovo millennio: “La mia speranza è di vedere lo sforzo dell'uomo andare nella direzione di... una pace giusta che si realizzi in tutto il mondo”.
Tanti uomini e donne si sono associati a questo spirito, coltivandolo anche quando veniva derubricato nel “buonismo”, e invece hanno salvato vite, hanno rigenerato cultura laddove la teorizzazione prevalente recuperava categorie dal darwinismo sociale e dall’utilitarismo. E’ per “sete di pace” che si sono immaginati, disegnati e concretizzati i corridoi umanitari come alternativa a un Mediterraneo trasformato in cimitero di migranti. E’ per “sete di pace” che si è lavorato evitando, con successo, che il Centrafrica piombasse nella guerra civile e, significativamente, Papa Francesco ha avviato il Giubileo della Misericordia proprio lì. Papa Francesco e Francesco d’Assisi: la scelta di uno sguardo disarmato e di una parola che si porta a interloquire con tutti per identificarne le ragioni interiori, uscire dall’isolamento, salvare vite e un senso della vita. “Si tratta di una scelta di grande rilievo – avverte Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio - in un momento storico che, accanto ad alcune speranze di pace, come quelle che vengono dal Centrafrica e dalla Colombia, conosce troppe vittime della violenza, a partire dai bambini, troppi muri e troppa rassegnazione”. Il Presidente del Centrafrica è tra i relatori dell’incontro. Ad Assisi convergono altissime personalità religiose e istituzionali, che rappresentano anche orientamenti significativi da collocare anche nella geopolitica di provenienza: il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e il filosofo Zygmunt Bauman, il primate della Chiesa d’Inghilterra Justin Welby mentre la Brexit costringe a ripensare l’Europa, esponenti dell’università di Al-Azhar in Egitto, ebrei dall’Europa e da Israele, buddisti ed esponenti di altre religioni asiatiche – dai luoghi che hanno conosciuto le atomiche di Hiroshima e Nagasaki - insieme a rappresentanti delle istituzioni (il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella). Voci dalla Nigeria, dalla Siria e dall’Iraq disegneranno scenari possibili, quando non già praticati, per dissipare la barbarie degli scontri e le “culture” che sono alla loro origine. Lo spirito di Assisi significa anche umanizzazione delle carceri e no alla pena capitale (è significativo che, nonostante tanta violenza diffusa, si sia ristretta l’applicazione della pena di morte nel mondo). Significa maturare una responsabilità quotidiana verso “sorella Terra”. Significa sperare e volere salvare Aleppo, punto interrogativo per diplomazie delle grandi potenze, città per la quale Andrea Riccardi tanto si è speso chiedendo, con un appello e con azioni umanitarie miranti a sollevare il destino dei profughi, che fosse riconosciuta come “città aperta”.
Si può coniugare lo sguardo sulla propria città con quello sulla città degli altri. La pratica dello “sguardo della fede” – ha osservato proprio Riccardi - porta a uno sguardo civico. Si aiutano le vittime del sisma e quelle respinte ai margini dai terremoti della storia. La visita di Papa Francesco ad Assisi martedì e la sua partecipazione alla preghiera per la pace sottolinea la forza dello “spirito di Assisi” rispetto a quella dello “spirito del mondo” . Domenica, all’Angelus, Bergoglio è tornato sulle giornate di Assisi e su quella, in particolare, di martedì con queste parole: “Martedì prossimo mi recherò ad Assisi per l’incontro di preghiera per la pace, a trent’anni da quello storico convocato da San Giovanni Paolo II. Invito le parrocchie, le associazioni ecclesiali e i singoli fedeli di tutto il mondo a vivere quel giorno come una giornata di preghiera per la pace. Oggi più che mai abbiamo bisogno di pace in questa guerra dappertutto nel mondo. Preghiamo per la pace. Sull’esempio di San Francesco, uomo di fraternità e di mitezza, siamo tutti chiamati ad offrire al mondo una forte testimonianza del nostro comune impegno per la pace e la riconciliazione tra i popoli. Così martedì tutti riuniti in preghiera. Ognuno prenda un tempo, quello che può, ma… pregare per la pace. Tutto il mondo unito”.