Il censo che pesa nelle pari opportunità
Pari opportunità è assenza di subordinazione e affermazione di competenza. Non è l'appartenenza al genere in sé a dare una qualifica in modo innato, ma la Storia ci dice che l'affermazione dei diritti delle donne alle nostre latitudini è recente (diritto di voto solo nel dopoguerra) e peraltro parziale e la Giornata mondiale sulla violenza contro le donne fa vergognare l'umanità - ancora troppo poco - per quanto si è indietro e per quanto male viene procurato.
Consideriamo tanto lo spirito quanto la lettera dell'articolo 3 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
La rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale spinge a guardare giustamente dal gradino più basso della scala sociale e l'affermazione di ciascuno e ciascuna è proiettata in un'ottica di partecipazione corale all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Anche l'articolo 4 rimarca come “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. C'è insomma una finalità corale. Nessuno dovrebbe essere un'isola, per quanto ricca o affermata, ma nemmeno una barca alla deriva. Papa Bergoglio, in modo significativo ha letto il problema in questi termini: sradicare ogni forma di subordinazione delle donne deve prefigurare un'intesa “degli uomini e delle donne sul senso della vita”. Dobbiamo fare i conti da una parte con una tendenza molto forte e individualista e con contesti di polarizzazione politica in cui anche le opinioni politiche possono essere all'origine di discriminazione. Talvolta la sensazione è quella di essere piuttosto davanti all'affermazione di un modello neofeudale che premia l'appartenenza: in questo contesto all'interno della discriminazione di genere bisogna considerare quella di censo che ritorna preoccupantemente alla ribalta come uno dei più evidenti ostacoli che un ordinamento democratico punta a rimuovere. Proprio in questi giorni è emerso uno spaccato non proprio edificante sulle pari opportunità nel mondo dello spettacolo. E' un dato eclatante. Nella società digitalizzata lo spettacolo fa notizia e le notizie che sono emerse rivelano comunque un modo di esercitare il potere che è umiliante. Dovrebbero fare notizia, accanto a questo, altri tre scenari di pari opportunità: la perdita dei diritti all'interno dello stesso genere a seconda dell'età: da anziani, specialmente se si finisce negli istituti, si rischia di perdere l'integrità della propria identità; la situazione dei portatori di handicap, degli autistici e dei down in rapporto al lavoro e agli impedimenti letterali che essi incontrano per potere esercitare un mestiere anche in presenza di barriere architettoniche; la condizione, che non fa notizia, della “classe operaia”: l'espressione può sembrare desueta, ma questa parte della società esiste e vive nella difficoltà e non di rado nel risentimento. In un'accezione larga “proletario” è chi è detentore di prole: una famiglia con figli che non ce la fa.