Pentecoste, un altro modo di leggere il calendario
E' uno di quegli eventi che nel calendario civile non suscitano interesse, ma per i cristiani rappresenta il punto di decisione del volere stare insieme: la Pentecoste, l'evento che segna la discesa dello Spirito Santo cinquanta giorni dopo la Pasqua, e che ha richiamato le confessioni cristiane a incontri comuni. A Firenze cento rappresentanti delle Chiese si sono ritrovati nella basilica di San Marco, per un momento di preghiera e di canti alternati a pause di riflessione in silenzio.
Particolarmente toccante il canto 'Mother of God', di John Tavener (1944-2013), interpretato dal coro della chiesa anglicana di San Marco, con l'affidamento di qualcuno per cui non si può fare più nulla e il gospel 'Steal Away' cantato da Luopu Pewu a chiusura della preghiera, in un ambiente che richiama in sé l'arte bizantina e quella rinascimentale, in un certo senso sotto lo sguardo di un grande alfiere dell'unità, Giorgio La Pira, lì sepolto.
Il testo musicato da Tavener è di Lermontov (1814-1841): “Madre di Dio, sono qui ora a pregare/ davanti a questa icona della tua radiosa luminosità./ Non prego per essere salvato da un campo di battaglia/ né per rendere grazie né per chiedere perdono/ né per i peccati della mia anima né per tutte le anime/ intorpidite, infelici e desolate sulla terra/ ma per lei sola che dono completamente a te”.
Il fatto stesso di essere convocati in momenti comuni ha un grande valore, non visibile, non appariscente, ma che segna la consapevolezza di appartenere a qualcosa e a qualcuno di più grande di sé. Dire sì e un antidoto a un volto indurito, scuro, quello che incontriamo tante volte per strade, nei luoghi di lavoro, anche accanto ai nostri cari. Ciascuno conosce i limiti del proprio vivere, dell'affermazione di sé anche sugli altri, talvolta anche di una maleducazione che non si nasconde, ma si fa molta fatica a riconoscerlo perché questo rende più vulnerabili, più bisognosi di volere bene e di farsi volere bene. Tocca farsi delle domande, anche scomode, su cosa anima davvero la nostra vita e in chi modo si manifesta non la tenerezza ma la durezza. Pesa il riconoscimento sincero dei propri limiti in persone che hanno disimparato a chiedere “scusa”, “per favore”, “grazie”. Nei tempi dell'esaltazione del proprio carattere e di un marcato individualismo, questo può scandalizzare. La naturalezza istintiva viene quasi propugnata come un marchio d'indipendenza, ma nei più deboli finisce per determinare l'emarginazione. Papa Francesco nella sua ultima esortazione apostolica invita a includere, a integrare “anche quelli che sono un po' strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi”.
Tutto questo spinge a fermarsi o, meglio, ad andare avanti in un altro modo. La Pentecoste ricorda ai cristiani anche che ciò che è impossibile alla naturalità diventa possibile per lo Spirito Santo – Dio che non si lascia trovare nelle nostre categorie abituali - che parla, che indica, che ricorda le parole di Gesù senza il quale mancherebbe loro la possibilità di passare per la cruna dell'ago.