La mezzaluna all’ombra della Città del Fiore
La tenda bianca venne allestita a Firenze in piazza San Giovanni e, a ripensarci oggi, segnò la linea di confine tra quelli che seguivano i bombardamenti in Iraq in Tv e quelli che, emigrati in Toscana, avevano invece parenti e amici a Bagdad e nelle altre città irachene e si trovavano lì per piangere affetti ed effetti di quella lacerazione profonda, che andava ad unirsi a quella di conflitti precedenti, non meno cruenti. E' stato un tragico domino. Dalla guerra del Golfo del '91 si è passati alle Torri Gemelle del 2001, quindi alla sconsiderata dissoluzione dello stato iracheno e poi alle piaghe del radicalismo del Daesh, con la fatica di una ricostruzione fragile che Papa Francesco nei giorni scorsi ha voluto in un certo senso abbracciare, con uno sguardo non etnico che si è posato su tutti i feriti e i disarmati.
"Se riuscirà davvero a compierla – fino all’ultimo inevitabilmente staremo col fiato sospeso – non c’è dubbio che la visita del Papa in Iraq sarà un avvenimento storico", aveva confidato a Toscana Oggi, prima del viaggio, il vescovo Paolo Bizzeti, vicario Apostolico per l'Anatolia. Nato a Firenze, entrato nei Gesuiti nel 1966, è stato ordinato vescovo nel 2015 da Papa Francesco con l’incarico di guidare la comunità cristiana nella regione asiatica della Turchia. Da Alessandretta (in turco Iskenderun) aveva descritto la situazione dei cristiani dell'antica Mesopotamia in questi termini: "L’esodo dei cristiani ha dimensioni bibliche, epocali. Sotto Saddam Hussein erano quasi un milione e mezzo, oggi sono ridotti a circa trecentomila, nelle migliori stime. Oltre alla guerra, c’è stato infatti lo sciagurato tentativo di instaurazione di uno stato islamico fondamentalista a opera dell’Isis (Daesh) peraltro finanziato e sostenuto dalle potenze confinanti e armato anche dall’Europa. Triste dirlo ma è così. I cristiani rimasti, oggi, finite le persecuzioni attive, non si trovano in una buona situazione e ci informano di una vita molto difficile per la popolazione in generale e in particolare per loro".
Molte cose sono state rimesse in gioco dalla visita di Francesco che è frutto di un percorso al quale, peraltro, non sono estranei gli incontri 'Oriente e Occidente', promossi da Sant'Egidio, il primo dei quali si è svolto a Firenze nel giugno 2015, con la presenza del Grande Imam di Al-Azhar Al Tayyb, la cui influenza è importante nella grande famiglia islamica dei sunniti. Nell'ottobre scorso l’Opera di Santa Croce con la Comunità dei Frati minori conventuali, in collaborazione con il Festival dell'economia e spiritualità, aveva promosso la Giornata della Fraternità, convocata per un confronto sulle prospettive aperte dal 'Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune' firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e da Al-Tayyb: prendersi cura dei poveri, dire no alla corsa agli armamenti, promuovere ovunque i diritti della donna, custodia del diritto alla vita. Sono alcune delle prospettive, indicate come esigenze religiose. I contenuti di questa piattaforma sono stati offerti, agli Sciiti, che rappresentano l'altra grande famiglia dell'Islam, nella quale si riconoscono prevalentemente, con accenti e tradizioni anche molto diversi, iracheni, iraniani, parte dei libanesi, siriani, yemeniti, azeri e del Bahrein, gli alawiti della Siria. Gli iraniani vantano una lunga storia di presenza a Firenze. Oggi sono quasi 560 (mille in tutto in Toscana), mentre gli iracheni oggi sono poco più di 50 (155 in Toscana). Sotto l'ordine di cento presenze, nella Città del Fiore, quelle di siriani, libanesi e yemeniti (tra i quali figura un esponente di primo piano della Comunità islamica fiorentina, Hamdan El Zeqri). Numeri che salgono, a livello regionale: 78 gli azeri, 188 i libanesi, 22 gli yemeniti, 269 i siriani. Attenzione, però, alle cifre. Se con gli iraniani la presenza sciita è rilevante, bisogna tenere conto di una certa pluralità di orientamenti confessionali nei migranti delle altre popolazioni.
“Non ci è chiesto soltanto di accogliere quanto è scritto in questo documento, ma anche di educarci ed educare a quanto vi è presentato”, ha detto il cardinale Giuseppe Betori firmando con l'imam di Firenze Izzedin Elzir, nel Centro internazionale La Pira, un testo con cui rinnovavano l'impegno a fare propri gli intenti del documento sulla Fratellanza. Accadeva prima del lockdown, ma quei semi non mancheranno di portare frutti buoni. Si possono condividere le considerazioni di Bizzeti in ordine agli incontri di Abu Dhabi e Najaf (qui con il grande ayatollah e marja degli Sciiti Ali Al Sistani), anche in ordine alle declinazioni che vengono compiute di essi a diverse latitudini: “Sono incontri che in Europa vengono liquidati rapidamente, sia per scarso interesse verso questa parte di mondo e di umanità, ma anche perché considerati un po’ utopici o azzardati quando non addirittura criticati. Alzare muri e sottolineare differenze identitarie sembra l’unica via possibile, secondo molti, sia da parte musulmana che cristiana. Niente di più sbagliato. Solo conoscendosi, solo incontrandosi, solo cercando accordi sui temi del bene comune come la pace, la libertà religiosa, la convivenza civile, eccetera, si può sperare di disarmare l’appoggio, spesso subdolo, alle forze estremiste. Il Papa e quanti lo seguono si pongono in una linea profetica".