Lo spirito di Assisi risposta preventiva ai conflitti
SARAJEVO – L’11 settembre simbolo dello scontro trova una memoria e una risposta nel luogo che è stato scintilla e teatro di guerre, di deportazione verso la Shoa e di assedio dal '92 al '95: Sarajevo, dove la Comunità di Sant’Egidio ha portato lo spirito di Assisi, spirito fine cresciuto lungo 26 tappe, approfondito da leader religiosi in dialogo tra loro e i leader politici. E nel lavoro per preparare ‘Vivere insieme il futuro’, questo il nome dato al meeting nei Balcani, è maturato un miracolo: serbi ortodossi e musulmani, cattolici ed ebrei, insieme hanno pubblicamente sottolineato la dissociazione tra fede, suo uso politico e scontri, segnando una svolta nel profondo, con una storica visita del patriarca serbo Irinej e ponendosi gli uni accanto agli altri (il cardinal Puljic, il Gran Muftì Ceric, Irinej e Jacob Finci, presidente della comunità ebraica) in momenti e confronti a Sarajevo. Lo spirito di Assisi che è incontro, confronto, che è porsi come interlocutori delle ragioni degli altri, realizza proprio questo, in una “terra bella ma ferita – hanno scritto nel loro appello ieri i 250 leader religiosi – dall’ultima guerra combattuta in Europa. Vivere insieme tra gente diversa è possibile in ogni parte del mondo, è possibile a Sarajevo e ovunque”. Le religioni intendono spendere la loro responsabilità nel mondo globalizzato e farlo nella storia e nella geografia del pianeta. E’ anzi lo spirito di Assisi, rileva Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, è una corrente di profondità che investe il mondo, che punta a desacralizzare i conflitti: “Chi uccide un uomo, colpisce Dio”. Vi è tornato con accenti commoventi il cardinale Roger Etchegaray, rievocando Giovanni Paolo II e il suo pellegrinaggio nella città martire per portare questo spirito. L’Europa in crisi non solo economica – ne hanno parlato qui con efficacia il premier Monti e il presidente del Consiglio d’Europa Van Rompuy – si affaccia su Sarajevo e d’altra parte i Balcani mostrano la loro voglia d’Europa. “Qui e in luoghi martoriati di recente la prospettiva di entrare nell’Ue è un fattore potente per indurre le diverse anime in conflitto tra loro a cercare pacificazione e convivenza armoniosa”, ha detto Monti. Il vecchio continente si rinnova con la storia, con la memoria, con la cultura, e, certo, anche con l’economia. Ascoltare Rita Prigmore, deportata zingara Sinti sopravvissuta agli esperimenti medici dei nazisti, colma una lacuna della memoria verso il popolo nomade. Il cuore di Sarajevo è stato abitato dal mondo e da leader che si sono misurati sui diversi scenari - dall’Europa alle primavere arabe alla fraternità con i poveri come strada di unità tra le chiese - con uno spirito diventato cultura e linfa di vita.
Michele Brancale