Con il ‘ripasso’ il vino nasce due volte
di Marco Nannetti
C’È CONFUSIONE e poca chiarezza sulla pratica di cantina utilizzata per produrre uno dei vini più di moda in questo momento, il Valpolicella Ripasso che nasce da un uvaggio dei vitigni autoctoni Corvina, Corvinone, Rondinella. Alcuni lo assomigliano a un vino prodotto con la vecchia tecnica toscana del ‘governo’, da altri viene considerato un piccolo Amarone ma non è esatto. Il «ripasso» è una tecnica enologica esclusiva della zona del Veronese che si può considerare figlia dell’Amarone, vino straordinario, unico per la sua eleganza e morbidezza dei tannini che risultano pienamente smussati dall’appassimento delle uve che rappresenta la fase fondamentale per ottenere appunto l’Amarone.
Da qui nasce, all’inizio del 2000, l’idea di creare un vino che si pone nel mezzo tra il Valpolicella, fresco, fruttato e di facile beva e l’Amarone di grande corposità e alta gradazione e quindi abbastanza impegnativo nel suo utilizzo a tavola. Con il «ripasso» il vino nasce praticamente due volte. Inizialmente viene fatta una normale vinificazione da uve fresche. La massa vinosa che ne consegue viene poi messa a contatto con vinacce appassite utilizzate in precedenza per produrre l’Amarone che, ancora ricche di residui zuccherini, provocano una seconda fermentazione. Ed ecco nascere un vino molto più strutturato, colorato e polposo di un Valpolicella normale, ma l’Amarone lasciamolo stare, è un’altra faccenda! Prosit