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Prosit, Albana e Trebbiano vanno salvati

di MARCO NANNETTI

E’ MOLTO strano che due vitigni così interessanti e con un grande bagaglio di storicità come l’Albana di Romagna ed il Trebbiano di Romagna, siano così poco apprezzati non solo dal consumatore ma, fatto grave, dal produttore. Tra i due, l’Albana è quello meno ‘desaparecido’. In realtà è un vitigno difficile da ammaestrare avendo nel proprio Dna alcune sostanze tipiche da vino rosso che possono trasmettere sensazioni di ruvidità quasi tanniche, ma gestito bene e con sapienza, dà vita ad un vino difficile ma molto interessante.
Il suo colore giallo carico anche nella versione secca ha profumi molto intensi di frutta matura e raggiunge l’esaltazione con i tortellini in brodo. Numerose soddisfazioni, nonostante il prezzo abbastanza importante, arrivano dalle versioni dolce e passito. Il Trebbiano di Romagna, invece, è uscito totalmente dalla scena commerciale ed è un peccato perché è un’uva che non porta con sé grandi doti qualitative ma ha caratteristiche perfette per produrre vini frizzanti, freschi e sbarazzini adattissimi ad un pubblico giovane e per il mondo degli aperitivi. Lasciare campo libero al Prosecco non ha senso, il Trebbiano fa parte della nostra tradizione ed il ‘taglio’ Albana e Trebbiano ci ha dissetato per decenni. Anche perché non posso sopportare che oggi in enologia il nome Trebbiano sia legato all’Abruzzo che produce vini fermi, legnosi e con 15 gradi. Prosit.

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