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Prosit – Docg, garantita solo la qualità minima

di MARCO NANNETTI

LA PIRAMIDE della qualità del vino italiano dopo varie modifiche si è posizionata su una scala ‘piramidale’ che dovrebbe dare sicurezza e tranquillità al consumatore. Purtroppo così non è. Alla base di tutto ci sono Igp, vino a indicazione geografica protetta, Doc denominazione di origine controllata, Docg che alla precedente ha aggiunto ‘garantita’, ma cosa vuol dire garantita? I disciplinari di produzione che hanno dato vita a tante Docg sono stati rivisti, uno per diventare ‘g’ deve avere una storia di almeno cinque anni e un grande valore commerciale, le rese per ettaro vengono abbassate, si sono ristrette le zone di produzioni e le commissioni d’assaggio sono ancora più severe e dovrebbero dare giudizi più ristretti così da mettere sul mercato solo vini di grande eccellenza e dare una logica alla ‘g’ di garantita, affinché il consumatore davanti a una di queste bottiglie sia sicuro della sua qualità. Non è così. In questi disciplinari si cerca la qualità minima e non l’eccellenza. Se cercate vini Docg e li assaggiate capirete che la grande differenza qualitativa la fa sempre l’azienda. E poi questa corsa per avere sulla ‘carta’ il massimo riconoscimento Docg anche per vini, senza offesa, di media importanza come Bardolino, Soave, Cerasuolo di Vittoria, Cesanese del Piglio, Offida, Ruchè, ma anche i nostri Pignoletto e Albana di Romagna. Sono traguardi ‘cartacei’, le famose vittorie di Pirro, non portano vantaggi a nessuno, anzi. Prosit.

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