Prosit, il vino di qualità è merito dei giovani
di MARCO NANNETTI
COSA mi aspetto da questo nuovo anno? ‘Enologicamente’ parlando, che il vino trovi sempre più terreno fertile tra i giovani e che loro facciano barriera contro chi lo vede solo come un mezzo per fare speculazione e denaro. È facile oggi giocare con il nome ‘vino’ e montare sul carro che veniva considerato insignificante e umiliante solo alcuni decenni fa. Chi ha creduto per primo al vino, al suo potenziale di comunicazione, culturale e commerciale sono stati i giovani. Gli adulti di trent’anni fa avevano abbandonato la campagne per seguire le sirene delle fabbriche, chi era rimasto in campagna produceva un vino dozzinale per il fabbisogno giornaliero e il rimanente veniva venduto alle poche grandi aziende vitivinicole. Nelle città il vino era consumato nelle osterie, ma presto molti per sentirsi più autorevoli preferirono dedicarsi a distillati e cocktail. Era quasi impossibile la sopravvivenza di un bar che non si specializzasse nei cocktail e volesse mescere solo vino. Ma i giovani hanno determinato la svolta, sono voluti rimanere in campagna con un’identità, hanno costruito la cantina nuova e curato le vigne per produrre vini da commercializzare in bottiglie; in città adesso proliferano i bar del vino dove si apprezza il ‘bicchiere di qualità’ e si conoscono sempre vini nuovi. E così anche nei ristoranti, nelle osterie e nelle case private, il giovane è sempre più pignolo nel cercare abbinamenti e vini per vivere serate di alta qualità. Ai ragazzi d’oggi chiedo di tenere alto questo entusiasmo e di diffidare di chi cerca di trascinare la cultura del vino in business esasperati. Il mondo agricolo non ne ha bisogno. Prosit