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Prosit. La migrazione dei vitigni

di MARCO NANNETTI

LA ‘MIGRAZIONE’ dei vitigni è argomento affascinante, poiché permette di studiare con una particolare lente d’ingrandimento le regioni italiane e seguire i percorsi compiuti dai nostri avi. È interessante, ad esempio, studiare il Terrano o Refosco del Peduncolo rosso, vitigno che dalle zone del Carso e del Friuli è arrivato sulle colline romagnole, trasformato in Cagnina, vino che ha perso l’aggressività tannica e la durezza dei vitigni friulani, diventando dolce, polposo, caldo. Altro vitigno interessante da ‘inseguire’ è il Vermentino. Di origini spagnole, ha trovato il suo habitat ideale in Sardegna, dove tra il Vermentino di Gallura e quello coltivato nel sud dell’isola c’è una differenza abissale: il primo è più duro, con grande alcolicità; il secondo risulta più snello e profumato. Il Vermentino si è diffuso anche nella Liguria di Ponente e nel nord della Toscana, dando vita a vini molto diversi. Per non parlare della mia passione: il Nebbiolo. Una scheggia impazzita, inseguirlo è divertentissimo. Si affaccia in Valle d’Aosta con il nome Picoutener e dà vita a un vino molto chiaro nella valle d’Arvier, poi scendendo nel novarese, ai vini Spanna e Ghemme. Si arrampica sulle terrazze impossibili della Valtellina dove è detto Chiavennasca e origina l’Inferno e lo Sfurzat, quindi scende anche nel pianeggiante Oltrepò Pavese con la Croatina. Una curiosità? Il vitigno Nero d’Avola non esiste, il suo vero nome è Calabrese. L’approfondimento dell’enografia nazionale è un bell’esercizio per conoscere ed amare ancora di più l’inimitabile ‘Italia in bottiglia’. Prosit.

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