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di CiBo

Prosit, dalle stalle alle stelle

di MARCO NANNETTI

NEGLI anni i Reali e i Papi hanno attribuito un’estrema importanza ai locali dove si beveva vino di qualità, ed era proprio questa stupenda bevanda che faceva la differenza nel decidere se fermarsi presso locande o località poi diventate elitarie proprio per la qualità del bere. In questi 300 anni trascorsi, il vino ha visto luci ma anche ombre diventando anche un prodotto relegato al bere quotidiano dei contadini che lo producevano o al consumo in osterie di basso livello per dissetarsi e dimenticare le fatiche esasperate dei braccianti, insomma era un prodotto di fascia sociale bassa e l’astemio era visto come virtuoso e ‘chic’.

Ma nel tempo questo status simbol è stato rivoluzionato e adesso il vino è sinonimo di qualità a 360 gradi tanto che oggi chi parla di vino è uomo di cultura, i salotti elitari ‘trasudano’ di nomi di etichette ed annate migliori ed è ‘in’ scambiarsi i pareri sull’ultimo weekend passato in una azienda agricola.

Nel campo della regalistica poi, lo si nota in questi giorni, il vino è sempre più il mattatore: il dono di bottiglie di vino è molto frequente nei professionisti e nei medici e proprio la medicina che era uno degli ultimi baluardi da abbattere, ha abdicato e ormai i dottori sono i primi amici del consumo moderato del vino di qualità. Anche gli astemi non si vantano più di esserlo. Dunque il vino ha vinto un’altra battaglia: si è riposizionato dove la storia ha voluto, parte fondamentale della vita dell’uomo nel lavoro e nello svago. Prosit.

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