La parola al bicchiere
E’ MOLTO difficile descrivere un vino a una persona che non lo conosce pur utilizzando termini specifici. Se non si ha il vino davanti e non lo si sta bevendo, le parole sono senza significato. Questo pensiero mi è venuto leggendo un libro di Mario Soldati, uno dei pionieri del concetto di vino e cibo intesi come prodotti che creano economia e cultura. In una pagina descrive un vino simpatico che l’aveva colpito, il Bianchello del Metauro: colore giallo paglierino, profumo delicato, sapore asciutto, sapido, lievemente acidulo, di medio corpo, armonico. Vino da pasto comune e anche da pesce. E alla fine si domanda che cosa sarà riuscito a trasmettere con questa descrizione e quanti vini si potrebbero identificare con essa. Circa quarant’anni dopo rispondo che è verissimo, forse altri cento e mi metto in discussione accorgendomi che in tutto questo tempo ho appreso una serie di aggettivi che corrispondono sì al vino ma non sono determinanti per riconoscerlo e farlo apprezzare. Le differenze tra vini sostanzialmente simili come Tocai, Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Grillo, Cataratto, Verdicchio, Gavi, Arneis, Lugana, Soave, con una presentazione solamente descrittiva non si riescono a focalizzare a meno che non siano prodotti già noti. È fondamentale il vino nel bicchiere per capire le incredibile sfumature e differenze dei nostri vini che sono unici al mondo, non solo da tipologia a tipologia ma anche da uno stesso vino proveniente da vigneti diversi. Questa è l’Italia in bottiglia, unica e irripetibile. Prosit
Marco Nannetti