Modernità esasperata
di MARCO NANNETTI
POCHI giorni fa mi sono concesso una visita con sosta a uno dei santuari della ristorazione ‘stellata’ italiana che si è rivelata una delle mie esperienze gastronomiche più significative, e la lista dei locali che ho avuto la fortuna di conoscere in Italia e all’estero è lunghissima. Per fare un’analisi obiettiva di questi ristoranti, dove l’estro dello chef è un bonus imprescindibile, bisogna essere di vedute ampie al fine di cogliere le mille sfaccettature di professionisti che amano le provocazioni stimolanti che non tutti possono permettersi, e già qui nasce la differenza. Il percorso gastronomico che ho scelto è stato esaltante, ma forse perché sono radicato a dettami ‘vintage’, alcuni particolari che ritengo siano punti cardine della ristorazione di prestigio mi hanno lasciato perplesso. Il tavolo senza tovaglia con le posate appoggiate direttamente sul legno, solo il pane era fasciato in maniera elegante con tasca di lino. Una figura professionale esclusivamente addetta al servizio del vino non era contemplata e piatti e vini erano serviti da personale molto preparato ma senza ruolo fisso. La carta dei vini non esiste più, è sostituita da un ipad mini con un freddo elenco di prodotti e un sacco di ‘finestre’ da aprire che danno sempre più nozioni tecniche ma meno spazio alla parola e al confronto. Sarà l’età o che sono l’ultimo dei romantici, ma l’esasperazione della modernizzazione non mi piace e forse un giorno ci accorgeremo che lasciare la strada vecchia per la nuova non sempre porta a risultati migliori. Prosit.