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di CiBo

Il business e la cultura

di MARCO NANNETTI

NOI CHE siamo nati nel Paese della cultura gastronomica per eccellenza, raramente ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo. Sono appena tornato da un viaggio nella ‘Grande Mela’ dove invece il rapporto cibo-cultura è inesistente ma nonostante ciò si respira per il mondo enogastronomico italiano grande curiosità, invidia e voglia immensa di emulazione. Ma la mentalità è diversa: negli States cibo e vino vengono trattati come business e questa concezione che a noi manca può essere vincente. Ecco perché approvo Piero Antinori quando, nel libro che narra la storia della sua famiglia, racconta di aver mandato le figlie ancora molto giovani in America per farle crescere con una mentalità economica più aperta che, mixata alla cultura di ventotto generazioni di viticoltori, potesse creare una miscela esplosiva.

TROVARE un giusto equilibrio tra business e cultura enogastronomica ha portato tanti benefici ma anche qualche rischio: primo tra tutti quello di perdere l’identità e arrivare a un appiattimento dei nostri prodotti che per la maggior parte dei casi non si possono moltiplicare all’infinito e quindi non possono materialmente essere per tutti. Comunque la presenza dei due componenti è determinante e in effetti nelle enoteche di Manhattan, dove manca la tradizione culturale, il nostro Paese e altri enologicamente potenti sono presenti con vini di poco conto, quasi sconosciuti. Questo è solo commercio, la cultura è un’altra cosa.

Prosit.

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