Prosit, l’Italia va in bianco
di MARCO NANNETTI
ERO certo di chiedere troppo all’enologia ‘bianca’ italiana ma ogni tanto è giusto alzare l’asticella. In una super ‘batteria’ di degustazione metto insieme i cinque vini bianchi più importanti del mondo: Meursault, Corton Charlemagne, Beaune Clos des Mouches, Pouilly-Fuissé, Montrachet, tutti dell’annata 2005, la migliore degli ultimi cinquant’anni. Fin dal primo esame i vini mi stupiscono. Nel bicchiere presentano tutti colori brillanti, con tonalità dei colori giallo e verde molto tenui e con profumi freschi del mondo della frutta e dei fiori con ricordi di frutta secca tostata , insomma già dal colore e dall’olfatto c’è da rimanere basiti sulla qualità e in particolare sulla longevità, ricordo che sono vini bianchi di dieci anni! Ma prima di degustarli parte un confronto con i nostri vini e mi chiedo quanti bianchi italiani riescono a risultare così eleganti da non presentare alcuna sbavatura di ossidazione dopo tanto tempo, con caratteristiche che permettono di fare ancora un lungo cammino. Purtroppo nessuno. Ho anche giocato sporco stappando vini bianchi italiani più giovani ma molto significativi per il nostro mercato, tuttavia subito si intuisce che si stanno giocando due ‘sport’ differenti. La serata si conclude degustando i cinque ‘siluri’ . Al gusto tutto viene amplificato come una musica trasmessa attraverso l’altoparlante, e proprio lì, in bocca, si moltiplica l’armonia delle sensazioni sprigionate, tutte diverse, da questi cinque bicchieri che hanno però un padre comune: lo Chardonnay. Prosit