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di CiBo

Prosit: tappo a vite, e non sbagli

SI FANNO tante statistiche, ma nessuna sulle bottiglie di vino gettate a causa del tappo di sughero difettoso. Lo dico per esperienza: sono migliaia al giorno solo in Italia, non oso pensare quante nel mondo.
Per questo, paesi come Germania, Austria, Nuova Zelanda, da tempo hanno adottato per la maggior parte dei vini il tappo a vite: l’unico che non delude. E l’Italia si sta lentamente adeguando.
Non tutti i pareri sono positivi; personalmente, dopo aver valuto i pro e i contro, sono convinto che la bilancia penda chiaramente a favore: le opportunità e le agevolazioni che porta un tappo a vite ai vini bianchi, rosati e rossi sono tali che nulla potrà riequilibrare la situazione. Il moderno tappo a vite – detto Stelvin, termine molto cool – è una capsula che, a livello organolettico, risulta essere neutra, riuscendo a proteggere il vino dall’ossidazione e a preservarne profumi e qualità.
È assurdo che dopo più di quindici anni dal 2000, anno che doveva rappresentare l’inizio di un’era avveniristica e super tecnologica, l’enologia sia ancora condizionata dal sughero, materiale che produrrà sempre meno tappi perfetti e di alta qualità, anche perché per vini di fascia medio-bassa è richiesta una chiusura poco costosa, con l’utilizzo di sughero mediocre che spesso ne contagia il contenuto. A questo punto preferisco lo ‘Stelvin’: si perde forse il fascino della stappatura, sarà meno romantico, ma la garanzia di bere un vino perfetto cancella tutte le perplessità. Prosit.

di Marco Nannetti

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