Non c’è posto per troppe stelle
di Marco Nannetti
SONO arrivato ad una amara conclusione: a Bologna un ristorante in grado di esprimere standard qualitativi altissimi, economicamente parlando non può sopravvivere. La nostra è una città sempre meno abitata e anche se ultimamente è notevole l’aumento di turisti, non ci sono i numeri per una costante frequentazione di un ristorante di grande spessore. Le statistiche sono chiare, la percentuale che frequenta i locali importanti si aggira attorno al 7-8%, troppo misera per tenere in vita uno o più locali con una fascia di prezzo tra i 180 e i 250 euro. Quindi la normalità continuerà a vivere in città dove ci saranno sempre locali eccellenti ma non il ristoratore in grado di osare l’acquisto di materie prime, pesci o carni, di altissimo pregio poiché non c’è la clientela che possa ripagarlo dello sforzo.
Anzi, a Bologna si cerca di premiare il locale con prezzi modici per poter uscire più volte in una settimana anziché recarsi in un locale importante ogni 15 giorni. Ma va bene così, il commercio vive anche di queste cose. Non bisogna assolutamente pensare di ridurre le attività di ristoro della città a delle boutique o gioiellerie, è logico per il gestore cercare il giusto equilibrio per avere il locale sempre frequentato. Infatti alzando il livello di offerta si crea tensione commerciale e visto che i missionari in commercio non possono esistere, i conti devono tornare: o si riesce a diventare dei numeri uno così da spostare gente proprio per la qualità del locale oppure bisogna sottomettersi all’inesorabile legge del mercato che dà sentenze inappellabili. Prosit.