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Etruschi degni dei Celti

di MARCO NANNETTI

SI È conclusa in Enoteca la triade degustativa autunnale con la madre di tutte le ‘battaglie’: Celti contro Etruschi. Quando sono entrati in campo i tre grandi di Bordeaux (Celti) ed i tre Bolgheresi (Etruschi) un silenzio irreale si è diffuso in sala, anche perché dopo Inferno e Purgatorio, finalmente era arrivato il momento della degustazione denominata ‘Paradiso’. Ma quale qualità in particolare bisognava premiare? Complessità, piacevolezza, profumi, bevibilità? Un grande vino deve avere tutte queste caratteristiche. I vitigni presi in considerazione sono Cabernet e Merlot, sono queste infatti le uve che danno vita ai vini che dominano la zona del Bordolese e di Bolgheri. Si tratta di uve che alcuni produttori ritengono di facile produzione e coltivabili in tutte le parti del mondo perciò difficilmente identificabili con una zona di produzione: quasi ovunque si producono vini di questo tipo e sono tutti più o meno buoni. Interpretazione un po’ superficiale, infatti se i famosi ‘Chateau’ sono prodotti da più di duecento anni, hanno quotazioni che fin da giovani passano mille euro per bottiglia e tutti gli appassionati del mondo li cercano, significa che non sono vini omologati e facili da riprodurre. Assaggiati i sei vini, ho tirato un sospiro di sollievo: vini di scarsa qualità non ce n’erano e ancora una volta, pur non sapendo ancora quali fossero i Celti e quali gli Etruschi, l’Italia era in gioco e dava spettacolo contro i grandi mostri sacri dell’enologia. Margaux, Lafite , Cheval Blanc non sono poi così lontani. Prosit

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