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Gli U2, prigionieri di uno splendido passato

in Musica

Quando un gruppo è prigioniero del proprio splendido passato è difficile vivere il presente. Gli U2 lo sanno da anni e anni. Potevano sciogliersi da tempo e campare di rendita, non l'hanno fatto. E quando esce un loro disco nuovo, la storia è sempre la solita: da una parte la delusione di chi sente tradito, di chi vorrebbe respirare ancora l'aria dei capolavori di un tempo, dall'altra la gioia di chi si sente ugualmente appagato. Una verità assoluta non esiste, ma bisognerebbe iniziare la discussione partendo da un incontestabile punto fermo: nella loro storia gli U2 sono stati tanti gruppi in un gruppo:  abbiamo avuto gli U2 randagi di 'Boy', 'October, 'War' (meraviglia) e'Under a blood red sky' (uno dei più grandi album live di tutti i tempi), poi con Brian Eno gli U2 più sofisticati di 'The unforgettable fire'. Di seguito il rock perfetto di 'The Joshua tree'. E la svolta (fenomenale) del rock industriale di 'Achtung baby' (gioiello), 'Zooropa'.  Di creatività ce n'è sempre stata tanta  e questa è la medaglia più bella che balla sul petto degli irlandesi: hanno saputo cambiare sponda del fiume, rimettersi in gioco, prendere il sentiero in salita e meno battuto. Poi vent'anni fa si sono come resi conto di aver camminato ormai ovunque, di aver battuto ogni strada possibile. Ecco, se c'era un momento in cui gli U2 dovevano sciogliersi magari poteva essere  quello, nel 1997, un po' come hanno fatto i Rem qualche anno fa, felici di aver fatto la storia del rock. Invece hanno continuato con una serie di album totalmente diversi dal passato, che hanno spesso deluso la critica e molti, ma non tutti, i fan. Perché gli U2 restano un mito assoluto : concerti da sold out in poche ore e album sempre vendutissimi. Così è anche l'ultimo 'Songs of experience', appeso all'eterna domanda: bello o brutto?  Dipende da cosa cercate. Se vagate ancora alla ricerca della furia selvaggia di 'War', del puro rock di 'The Joshua tree'e o delle invenzioni di 'Achtung baby', allora state alla larga. 'Songs of experience' è diverso, un buonissimo disco pop di ottima fattura e grande classe, come accade appunto da vent'anni. Si ha come l'impressione che i ragazzi  siano alla ricerca di leggerezza dopo anni di immensa fatica. E qui sta il punto: dopo 13 anni, dai tempi di 'Boy' a 'Zooropa', assolutamente stratosferici e ineguagliabili, è forse sbagliato chiedere agli U2 di trovare l'ennesima pietra filosofale. La loro parte l'hanno già fatta, le loro pagine già scritte, ora si lasciano andare a dischi tanto piacevoli quanto dimenticabili. Sono così, prendere o lasciare.

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