Il pianeta azzurro

Siria: gas contro gli innocenti per costringere l’America ad intervenire contro Assad

in Esteri

Alessandro Farruggia

Si fa presto a dire gas. Anche perchè spesso l'indignazione delle grandi potenze è pelosa e la morale è a doppio standard: rigorosa con gli avversari,  accomodante con gli amici. E un attacco con i gas da presunto e di incerta matrice diventa realtà con un responsabile chiaro se serve ad altre finalità geostrategiche. Colpire Assad, ad esempio. Che per Trump significa fare un favore ad Arabia Saudita, Israele e Turchia. E soprattutto farlo a se stesso, distraendo l'attenzione dell'opinione pubblica interna dal Russiagate.

I fatti sono noti, ma rileggerli aiuta a capire. Secondo un rapporto del gruppo di documentazione della Rete Siriana per i Diritti Umani, il 7 aprile nella Ghouta si sono verificati almeno due attacchi separati con agenti chimici: uno alle ore 16 presso la panetteria Sa'da di Omar ben al Khattab St, che ha provocato 15 feriti, e un secondo intorno al 1930 presso Piazza al-Shuhada a Nu'man che ha provocato 55 morti e 860 feriti. Lo stesso è stato denunciato dal Violations Documentation Center del'opposizione siriana.  La Protezione Civile Siriana, nota anche come Caschi Bianchi, ha invece parlato di "un attacco chimico avvenuto alle 19.45 del 7 aprile che ha causato la morte di oltre 43 persone e il ferimento di oltre 500". "Le vittime _ hanno sostenuto i Caschi Bianchi _ hanno mostrato segni di cianosi (decolorazione bluastra della pelle), eccessiva formazione di schiuma orale e ustioni corneali. Sei persone sopravvissute mostravano pupille diltate e convulsioni, e questo ragionevolmente indica che erano state esposte a sostanze chimiche tossiche; molto probabilmente un elemento organofosfato".

Due video ESTREMAMENTE FORTI, che potete vedere QUI e QUI (immagini esplicite) mostrano 34 cadaveri, molti dei quali di bambini, apparentemente morti per esposizione a gas tossici. Esaminando altri video che mostrano i cadaveri portati fuori dall'edificio nel quale di trovano, il sito indipendente inglese Bellingcat sostiene di aver geolocalizzato l'edificio che si troverebbe a sudovest di al-Shuhada Square. Quindi laddove indicato dalle ong dell'opposizione. Su You Tube circolano anche dei presunti video dei cilindri che contenevano il gas usato nell'attacco, uno visibile anche QUI in un post dei Caschi Bianchi su Facebook e che sarebbero stati filmati nell'edificio in questione.

Questo materiale sembra testimoniare un attacco con gas _ probabilmente clorine gas, non sarin che avrebbe avuto ben altra persistenza e avrebbe attaccato anche i soccorritori _ ma non fornisce alcuna prova su chi ne sia responsabile, ne vi sono riscontri dell'accusa dell'opposizione che le bombole di gas sarebbero state sganciate da due elicotteri MI8 Hip (quello del lancio di contenitori di gas da elicotteri è una tecnica già usata in altri casi in Siria) partito dalla base dell'esercito regolare di Dumayr.

E questo il problema. Se l'uso del gas sarebbe probabile (ma non essendo verificato da fonti indipendenti il condizionale è d'obbligo) non esiste alcuna indicazione che consenta di attribuire con ragionevole certezza al regime di Assad, per quanto sanguinario sia il suo comportamento nella guerra civile, la responsabilità dell'azione. Anzi. L'uso di armi chimiche nel momento il quale l'offesiva lealista nella Ghouta Occidentale è praticamente vinta e i ribelli di Jaish al Islam hanno accettato di lasciare le loro posizioni sembra un controsenso tattico e strategico, e una follia poltica. Non avrebbe consentito la riconquista di posizioni non ottenibili altrimenti, non avrebbe cambito gli equilibri sul campo e avrebbe attirato le ire del mondo occidentale e del mondo sunnita su Assad. Una gesto tanto crudele e criminale quanto stupido.

Cui prodest allora? Il fatto è che un attacco con gas da parte delle truppe di Assad, più o meno provato, costringerebbe gli Stati Uniti a intervenire ancora, come gia' un anno fa, probabilmente con uno strike missilistico. L'America, che ha sofferto una sconfita strategica epocale in Siria, sembrava intenzionata a disimpegnarsi completamente dalla Siria. R itirando i 2 mila uomini che ha sul campo nel kurdistan siriano e _ con un voltafaccia spregiudicato e moralmente riprovevole _ lasciando a loro stessi i combattenti dell'YPG curdo e i loro alleati arabi siriani che  hanno fatto  il lavoro sporco contro lo Stato Islamico e ora rischiano di fare la stessa fine dei curdi siriani di Afrin, travolti dall'invasione dell'esercito turco.  L'attacco chimico, con il forte potenziale mediatico che ha, rischia di cambire tutto e, come ha annunciato Trump in persona, porterà ad uno strike missilistico contro la Siria, e spingerà al limite il confrontro tra russi e americani. E pazienza se non ci sono prove.

Gli indizi, con buona pace di Trump, vanno altrove. Ad avere interesse a creare l'incidente erano in primis i ribelli sunniti di Jaish al Islam, finanziati da quell'Arabia Saudita che ha tentato invano in questi anni di rovesciare l'odiato Assad e investe cifre enome per contrastare la cosiddetta "mezzaluna sciita" che unisce Iran, Iraq, Siria ed Hezbollah in Libano. Quegli sciiti che tenta di combattere senza successo in Yemen, paese che l'Arabia Saudita ha invaso e nel quale combatte una guerra durissima con un elevato numero di vittime anche civili. Nella sua ossessione antisciita l'Arabia Saudita ha due soli grandi alleati: Israele e gli Stati Uniti. Israele ha fatto e farà la sua parte in Siria continuando ad agire, anche militarmente, contro basi Hezbollah e iraniane, ma gli Stati Uniti (che non sono più quelli del segretario di stato Hillay Clinton) erano molto meno disponibili a supportare sul campo, militarmente, una coalizione anti Assad che è in ritirata dopo il decisivo intervento di Mosca e ha non poche fazioni fiancheggiatrici se non apertamente terroriste. Ora Trump sembra averci ripensato, per la gioia dei ribelli sunniti supportati dall'Arabia Saudita e dl altre monarchia del Golfo oltre che di quella Turchia che è a metà del guado, formalmente e sostanzialmente dentro la Nato, ma strategicamente giunta al compromesso con Iran e Russia nella partita siriana nella quale ha dovuto ingoiare l'amaro boccone della permamenza di Assad in cambio del sostanziale via libera nelle aree curde.

Non è quindi fantascienza ipotizzare che l'attacco con gas si stato effettuato da ambienti sunniti che hanno scelto di bombardare il proprio stesso popolo per scatenare una reazione dell'America e tentare così di riequibrare una guerra che li vede ora soccombere dopo molti anni nei quali l'avanzata sembrava inarrestabile. Un immorale, spietato, disperato tentativo, che gli orrori visti in Siria non rendono improbabile. Di certo, se questo è il gioco, Trump sembra avere abboccato nonostante il Pentagono avesse più di un dubbio. Ma i militari fanno quello che il Presidente dice, e così strike sarà. Due le ipotesi in gioco: un attacco limitato su una sola base aerea siriana, o un attacco su due o tre basi aeree e non. Dall'ampiezza dell'azione dipenderà la risposta di Mosca, nel primo caso si limietrà a cercare di abbattere alcuni dei Tomakahwk americani, nel secondo potrebbe andare ben oltre con azioni contro le navi e i sottomarini americani. Il che significherebbe guerra. Nessuno pensa davvero che questo sia realistico, ma le guerre spesso scoppiano oltre le intenzioni degli stessi protagonisti, e non di rado seguono una spirale che se sono coinvolte potenze nucleari rischia di avere effetti catastrofici. Ci pensino, Trump e Putin.

Non ha senso morire per Damasco, tanto più che per sette anni tutti gli attori in gioco _ Iran, Stati Uniti, Arabia Saudita, Russia, Qatar, Turchia, Israele e (dis)Unione Europea _ o hanno usato la crisi siriana per una guerra per procura sulla pelle della popolazione siriana, o hanno perseguito la propria agenda come Israele o  ancora, come l'Europa, sono stati delle statue di sale. E quindi sono tutti responsabili di quei massacri. Non basterà una salva di missili a lavarsi l'anima, rischia solo di portarci sull'orlo dell'abisso.

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