Alimentazione senza sprechi, occhio alle scadenze
Che cosa succede se consumiamo prodotti alimentari dopo la data di scadenza? Come regolarsi per rispettare le norme igieniche, la sicurezza e salubrità? Ne parliamo con Marco Silano, medico direttore dell’Unità di Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
«Occorre distinguere – afferma Silano – perché in etichetta possiamo trovare un limite tassativo o la formula ‘da consumare preferibilmente entro’».
Cosa cambia?
«Nel primo caso la sicurezza. Oltrepassati i termini di scadenza non è più assicurata».
E se un prodotto guasto finisce nel nostro intestino?
«I batteri possono proliferare e provocare una gastroenterite».
C'è chi ha consumato un ragù aperto da una settimana, e doveva stare in frigo massimo cinque giorni, ma non è successo niente.
«Non è una differenza da poco, se si trascurano le istruzioni riportate nelle etichette c’è un rischio aumentato. L’aumento del rischio non significa che necessariamente questa gastroenterite si produca».
In che senso si rischia?
«Se vai a 200 chilometri all’ora non è detto che farai l’incidente, ma aumenta la probabilità. Per più chilometri andrai a 200 all’ora, più il rischo è alto. Nel nostro caso aumentano le probabilità che quello che si mangia sia microbiologicamente contaminato».
Qui parliamo di prodotti last minute o appena fuori dalla data di scadenza.
«Resta il fatto che il prodotto che ha superato la data di scadenza non deve essere consumato».
In tempi di crisi i consumatori sono di bocca buona, meno intransigenti con le scadenze
«In alcuni Pasi esteri, i supermercati vendono a prezzi ribassati alimenti oltre la data di scadenza . Ma è il consumatore a dover fare la scelta».
Per esempio che succede nei prodotti a base di farine?
«Una cosa sono pasta e pane, che solitamente riportano in etichetta da consumarsi preferibilmente entro, e quello è un termine che allude a sapore e consistenza. Pane raffermo è poco piacevole da mangiare ma non è un rischio. Invece un prodotto da forno con le creme all’uovo rappresenta un rischio, e il giorno dopo non è più idoneo».
Parliamo del latte e dei formaggi freschi.
«Qui il produttore mette in etichetta correttamente la data di scadenza. Devi però avere anche un controllo visivo, olfattivo, di gusto del prodotto, che potrebbe deteriorarsi anche prima della data indicata se il contenitore perde la sua integrità».
C’è poi il banco gastronomia, l’ortofrutta, la macelleria
«Quello che è venduto fresco, non confezionato, non ha l’obbligo di riportare la data di scadenza, è il consumatore che deve valutare le caratteristiche prima di consumare. Le carni e il pesce riportano la data di scadenza solo quando sono vendute già confezionate».
La finalità è di evitare lo sperpero di risorse.
«Lo spreco alimentare domestico è solo l’ultimo anello della catena. Gli sprechi alimentari ci sono lungo tutta la filiera, si stima che il 60% del peso secco dei cereali venga sprecato per strada dal momento in cui il cereale si trova sul campo al momento in cui diventa pane o pasta. Più della metà della spiga viene gettata via prima che diventi pane».
Come uscire dal circolo vizioso degli sprechi alimentari nei punti vendita?
«Il consumatore deve controllare la data di scadenza, e tutti devono giocare d’anticipo». (Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale)