Embrioni chimera, cellule clonate per trapianti
Fare crescere cellule umane clonate all'interno di embrioni è una tecnica nota, già studiata nel maiale, ora i dati nella pecora divulgati da scienziati dell'Università della California Davis al meeting della American Association for the Advancement of Science di Austin, in Texas, dimostrano che si può fare meglio. Ne abbiamo parlato con Massimo Dominici, professore associato all'Università di Modena e Reggio Emilia, socio fondatore di Rigenerand. L'Osservatorio hi-tech del Politecnico di Milano ha identificato Rigenerand (staminali, cell factory, gene therapies, medicina rigenerativa, oncologia e soluzioni biomedicali) nelle 10 startup italiane che hanno ottenuto il maggiore investimento nel 2016. Quella che segue è la trascrizione del colloquio con Dominici a commento delle notizie recenti.
Gli autori americani dichiarano una procedura più efficiente che ha portato all'attecchimento di una cellula umana con un miglioramento tecnico di un fattore 10 rispetto al passato, che vuole dire creare animali in embrione e poi esemplari adulti con tessuti umani per scopi prevalentemente legati ai trapianti. Questo ci dice che la ricerca scientifica sarà inesorabile: i ricercatori in giro per il mondo lavorano per creare organi umani all'interno degli animali.
La notizia non deve sconvolgere. Tuttavia suggerisce che, se ogni sei mesi aumentiamo la frequenza di cellule umane nell'animale, nel giro di dieci anni ci troveremo ad avere tessuti umani all'interno di animali. Non è più una questione di se ma di quando. Questo aspetto dal punto di vista scientifico è molto interessante ma ha implicazioni etiche: se volessimo un tessuto specifico quale il fegato umano nella pecora sarebbe una cosa, ben diversa è la remota possibilità di ottenere neuroni umani o un intero cervello umano (sono cellule superiori dal punto di vista della funzionalità) nella pecora.
Tutto questo comporta implicazioni bioetiche gigantesche e credo che il mondo scientifico e bioetico si debba attrezzare per tempo per non affrontare in extremis la sfida ma discuterne man mano che la tecnologia si sta sviluppando. In dieci anni potremmo trovarci a che fare con organi umani per un consumo trapiantologico che consentirebbe di associarsi alle donazioni in essere; per cui la notizia secondo la quale, per la prima volta, è stato creato in laboratorio un embrione ibrido uomo-pecora, in cui una cellula su 10.000 è di natura umana è affascinante, ma richiama l’attenzione da parte di tutti gli operatori impegnati nello sviluppo di queste tecnologie a considerazioni di bioetica e poi di medicina rigenerativa.
Noi stessi, dichiara Massimo Dominici, siamo impegnati in progetti in cui si ambisce a fare crescere tessuti umani al di fuori del corpo, questo consente di ridurre il rischio di rigetto che si può verificare quando un organo umano crescerà nella pecora: il rischio è che il sistema immune della pecora sia in grado di riconoscere il fegato dell’uomo come estraneo e lo aggredisca. Questo è uno dei limiti attuali. Per questo si stanno creando animali immunodeficienti, per consentire la crescita dei tessuti umani senza reazioni. Ma la cosa è particolarmente complessa. Noi abbiamo approcci più semplici: generiamo tessuti fuori dal corpo umano prendendo cellule staminali stromali dell’adulto e le impiantiamo in matrici naturali o di sintesi con lo scopo di creare organi che sono poi pronti per il trapianto perché cresciuti un sistemi chiusi. In questo caso non ci aspettiamo nessuna reazione immunologica ma ci sono limiti tecnici; ad esempio è necessario un certo tempo per ottenere il tessuto desiderato.
Da sempre all'Università di Modena e Reggio Emilia, e presso la start-up Rigenerand, lavoriamo sulla rigenerazione dello scheletro e il nostro primo obiettivo è di approcciarci ai tessuti muscolo scheletrici in particolare per la cartilagine. Nel ginocchio, i condrociti adulti trapiantati hanno una sopravvivenza non ottimale e richiedono trapianti successivi con costi rilevanti. Ci sembrava quindi necessario fare qualcosa diverso dai condrociti che hanno una storia di vent'anni ma la tecnologia si è evoluta e noi vorremmo trarne vantaggi.
Cellule del fegato? Viene dalla tradizione del fegato bioartificiale sviluppata da Rand all’inizio del 2000; è di interesse ma al momento cerchiamo di ricreare organi artificiali relativamente semplici: ad oggi non siamo in grado di rifare il fegato o il cuore per la complessità della cosa. In questo senso il modello della pecora chimerica potrebbe essere di aiuto consentendo la crescita di organi complessi. Tuttavia, oltre alle ragioni etiche, aspetti come la trapiantabilità di un organo umano cresciuto a contatto con sangue animale, le dimensioni dell’organo e la sua funzionalità reale nell’uomo potrebbero generare problemi di trasferibilità sul paziente e di efficacia.
La bellezza di vivere in questa epoca è data dal fatto che le tecnologie sono disponibili e si possono ottimizzare. Ed è bello volare alto ma vi è ora la necessità di creare prodotti terapeutici in grado di uscire dalle pubblicazioni, dai comunicati e diventare reali e fruibili anche a costi in grado di riflettere la reale capacità di risolvere le malattie dell’uomo. Questo si raggiunge solo coniugando ricerca, innovazione, rigore della sperimentazione e la capacità di rapidamente introdurre cellule e tessuti nei nostri ospedali, con sicurezza ed efficacia.
Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale