Tumore del fegato, progressi dalla terapia sistemica
La lotta contro il tumore del fegato è al centro di una riunione scientifica (18-19 maggio) dell'International Liver Cancer Association (ILCA) conferita all’Ospedale Universitario S. Orsola Malpighi di Bologna. In Italia nel 2017 sono stati diagnosticati 12.900 nuovi casi di cancro del fegato (8.900 uomini e 4.000 donne). In controtendenza rispetto alle altre neoplasie, questo tumore fa registrare un maggior numero di diagnosi nel Sud Italia rispetto al Settentrione, in particolare fra le donne (+17%). Il dato si spiega con la prevalenza in queste aree delle infezioni causate dai virus dell’epatite B (HBV) e dell'epatite C (HCV).
“Questi virus sono le principali cause della neoplasia a livello globale – ha dichiarato Luigi Bolondi, ordinario di medicina interna all'Università di Bologna -. In Italia oltre il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato è riconducibile a fattori di rischio noti, collegati soprattutto all’infezione da virus dell’epatite C. Un’elevata percentuale di persone che contraggono questa infezione, stimata fino all’85% cronicizza. E il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma”.
“È un momento storico – continua il professor Bolondi - perché dopo anni di insuccessi in questo campo della medicina, anche grazie alla ricerca Bayer, oggi sono disponibili dati clinici in grado di dimostrare che un approccio sequenziale di terapia sistemica può incrementare la sopravvivenza”.
In futuro il panorama dei principali fattori di rischio è destinato a cambiare: la steatoepatite, caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato, e le malattie incluse nella cosiddetta sindrome metabolica, in particolare diabete e obesità, che stanno assumendo un’importanza crescente, costituiranno le cause più importanti del tumore del fegato. La vaccinazione contro il virus dell'epatite B (HBV) iniziata in Italia nel 1991 nei neonati e dodicenni e limitata ai soli neonati a partire dal 2003, ha ridotto l’impatto di questo virus in Italia. Per quanto riguarda l’HCV manca ancora il vaccino, ma le terapie oggi disponibili permettono di eliminare il virus, per cui il rischio di tumore del fegato riguarderà soprattutto i pazienti che hanno già sviluppato cirrosi e che non sono ancora stati trattati con i moderni antivirali pangenotipici ad azione diretta.
Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale