Obesità, come funziona il casco per dimagrire
Stimolare il cervello per modificare il suo circuito di ricompensa, quel meccanismo di rinforzo di una determinata esperienza gratificante che ci spinge a ripeterla, potrebbe essere la nuova e promettente strategia di trattamento dell’obesità con il casco per dimagrire. Con queste parole un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Policlinico San Donato ha annunciato oggi a Barcellona, al meeting della European Society of Endocrinology, i risultati di uno studio tutto italiano che promette di trovare una via, senza farmaci, per limitare il desiderio compulsivo di mangiare, quello che affligge irrimediabilmente persone sovrappeso o con obesità evidente. La stimolazione magnetica transcranica ha fornito risultati incoraggianti anche dopo una sola sessione di trattamento, in teoria potrebbe diventare un’alternativa sicura, non invasiva e priva di effetti collaterali agli attuali trattamenti dell’obesità, il condizionale è d’obbligo perché parliamo di una tecnica ancora adesso circoscritta a gruppi selezionati di pazienti, negli ospedali che fanno ricerca. L’obesità invece è una piaga di dimensioni globali, che affligge circa 650 milioni di adulti e 340 milioni di bambini e adolescenti obesi: una condizione patologica che contribuisce, si stima, a più di 2.8 milioni di morti all’anno in tutto il mondo e ad enormi costi sociali.
Ma come funziona il casco per dimagrire? In passato alcuni studi dell’IRCCS Policlinico San Donato avevano evidenziato che, in particolari casi di obesità, i circuiti nervosi che regolano il meccanismo di ricompensa e motivazione risultano alterati: la gratificazione in risposta al cibo in alcuni soggetti è notevolmente aumentata rispetto a quella degli individui normopeso. Ciò può rendere i pazienti sovrappeso più esposti al desiderio impellente di mangiare, con un aumento progressivo del peso corporeo. Lo stesso meccanismo cerebrale entra in gioco nella dipendenza patologica da sostanze come droghe o alcol, così come nella dipendenza da gioco d’azzardo, rilevano gli autori.
La stimolazione magnetica transcranica profonda (deep transcranial magnetic stimulation – o dTMS) è un trattamento che utilizza l’energia magnetica per stimolare i neuroni all’interno di specifiche aree cerebrali. Viene utilizzata ad esempio per affrontare il calo del tono dell’umore resistente ai farmaci antidepressivi, per alcuni tipi di emicrania. Nelle dipendenze patologiche e si è dimostrata una opzione terapeutica praticabile per ridurre il desiderio irrefrenabile di droga e alcol. Quando il cibo è una droga, questa stimolazione potrebbe aiutare a disassuefarsi, a limitare le tentazioni della gola senza ricorrere alle amfetamine o agli integratori alimentari con effetto anoressizzante per smorzare l’appetito. Nello studio degli specialisti del Policlinico San Donato, leggiamo negli abstract del professor Livio Luzi, sono stati analizzati gli effetti generati dalla stimolazione magnetica transcranica su appetito e senso di sazietà nei pazienti obesi. Gli effetti sono stati valutati su un gruppo di 40 soggetti, valutando i marcatori nel sangue potenzialmente associati con la ricompensa da cibo, dopo una singola sessione di stimolazione di trenta minuti, ad alta o a bassa frequenza.
I dati raccolti evidenziano che dopo stimolazione ad alta frequenza aumentano i livelli di beta endorfine nel sangue. I neurotrasmettitori coinvolti nella produzione di un maggiore senso di soddisfazione dopo l’ingestione di cibo, sia rispetto ai pazienti sottoposti a stimolazione a bassa frequenza sia rispetto al gruppo di controllo, sottoposto a una stimolazione placebo, cioè finta, un mezzo per controllare che l’effetto del casco per dimagrire sia autentico e non legato a suggestioni.
“Per la prima volta, questo studio ci fornisce un’indicazione sui meccanismi con cui la dTMS altera il desiderio di cibo nei soggetti obesi” – ha dichiarato il professor Luzi. “Abbiamo anche scoperto che alcuni marcatori presenti nel sangue e potenzialmente associati con il senso di ricompensa generato dal cibo, per esempio il glucosio, variano a seconda del sesso, suggerendo che vi siano differenze nelle modalità con cui i pazienti sono vulnerabili al desiderio di cibo e nella loro disposizione a perdere peso, a seconda che siano uomini o donne.” L’evoluzione di questo filone di ricerca riguarda la possibilità di utilizzare il cosiddetto brain imaging per identificare direttamente come la stimolazione cerebrale ad alta frequenza cambi la struttura e la funzionalità del cervello nei pazienti obesi, sia a breve sia a lungo termine, e l’estensione della metodica a un numero più ampio di pazienti. “L’obesità reca con sé numerosi e profondi disagi per chi ne è affetto, oltre a un considerevole peso per la collettività, dal punto di vista sociale ed economico, legato alla sua gestione: per questo è di estrema importanza identificare con urgenza nuove strategie per contrastarne il costante aumento. La dTMS si sta mostrando sempre più come un’alternativa sicura e sostenibile alle terapie farmacologiche e alla chirurgia bariatrica“, ha dichiarato in un comunicato il professor Luzi.
Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale
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