Asco 2018, terapia chemio-free per la prostata
La terapia chemio-free nella prostata si dimostra efficace anche a lungo termine e nei casi più impegnativi. Per gli esperti la prospettiva di arrivare a una cronicizzazione del processo è sempre più vicina. I risultati presentati al meeting dell'American Society of clinical oncology (Asco 2018) sul tumore della prostata mostrano che la terapia con abiraterone è efficace nel mantenere stabile la malattia. Gli ultimi dati dello studio di fase 3 LATITUDE riguardano un campione di 1.200 soggetti. “Questi dati – ha commentato Giuseppe Procopio, Oncologia medica genitourinaria, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – delineano un cambio di paradigma: Il risultato osservato, dato dall’uso precoce di abiraterone, è comparabile a quello della chemioterapia. La differenza è che abiraterone è un farmaco orale e molto ben tollerato. Con un ridotto impatto di effetti collaterali migliora la qualità della vita. Seconda cosa, ma non meno importante – prosegue Procopio – non avevamo mai avuto dati di così lungo follow up per una terapia ormonale orale alternativa alla chemio. Tali risultati di efficacia ci aprono delle prospettive di cronicizzazione della malattia. Fino a qualche anno fa sembrava impossibile, invece oggi l’orizzonte è quello di stabilizzare una malattia come il tumore della prostata”.
IL MECCANISMO
La crescita del tumore alla prostata è alimentata dal testosterone. La terapia di deprivazione androgenica, o ADT, risulta efficace poiché blocca la produzione di testosterone. Nonostante l’ADT, le ghiandole surrenali e le cellule neoplastiche della prostata continuano a produrre una piccola quantità di androgeni. Abiraterone è in grado di interrompere questo meccanismo in tutti gli ambiti, bloccando l’enzima che converte gli altri ormoni in testosterone. I pazienti arruolati nello studio LATITUDE, presentato all’ASCO, sono uomini che hanno ricevuto una diagnosi di carcinoma prostatico e in contemporanea di metastasi.
COME CAMBIA LA TERAPIA
“Inizialmente – spiega Procopio – un paziente che arrivava con diagnosi simile seguiva il percorso standard: l’ormono terapia (blocco androgenico) per poi passare a chemioterapici o nuove terapie ormonali, nel caso diventasse resistente. Nel 2015, a seguito della pubblicazione di nuovi studi, nei pazienti con la forma di malattia più aggressiva lo standard è cambiato: la chemio è diventata la prima linea di trattamento insieme all’ormono terapia standard, ciò ha permesso un allungamento della sopravvivenza, un dato che prima non eravamo in grado di ottenere per questi pazienti”.
Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale