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Dna e mutazioni, l’ambiente gioca un ruolo chiave

Fattori ambientali, genetica, particolari agenti infettivi e stili di vita sbagliati entrano sicuramente in gioco nel determinare l’insorgenza del cancro. Qualità dell'aria atmosferica, salubrità degli alimenti, lotta al fumo e all'alcol, vaccinazioni e screening sono fondamentali per la nostra vita. Inutile prendersela con la sfortuna, arrendersi pensando che tumori e metastasi siano un male ineluttabile, che colpisce a caso, quasi fossimo davanti a una roulette o alle estrazioni del lotto. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, rimette al centro il ruolo della prevenzione nella lotta ai tumori.

A prestare il fianco alla superstizione erano stati, loro malgrado, due anni fa, autorevoli studi di Bert Vogelstein della Johns Hopkins Medical School, che indicavano come errori casuali,  quindi inevitabili, due mutazioni su tre a livello di geni responsabili di neoplasie. I tumori, però, possono dipendere anche da alterazioni più marcate, dette traslocazioni cromosomiche, dovute alla rottura della doppia elica del Dna. "Studiando le cellule del tessuto mammario, sia normali che patologiche - ha scritto Gaetano Ivan Dellino, primo autore, ricercatore - abbiamo scoperto che possiamo prevedere quali geni si romperanno, con una precisione superiore all'85%. Tuttavia solo una piccola parte di questi inconvenienti darà poi origine a traslocazioni. La questione centrale, che cambia la prospettiva della casualità del cancro, consiste nell'attività di quei geni, che è controllata da segnali specifici che provengono dall'ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua volta è influenzata dall'ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti".

Dunque, andiamoci piano con le superstizioni, esiste anzi un motivo in più per insistere sulla prevenzione attraverso i nostri stili di vita. Piergiuseppe Pelicci, direttore della ricerca allo Ieo e professore di patologia generale all'Università di Milano, indica nello studio la chiave di volta per mantenere la barra al centro nella ricerca in oncologia: "Ignoriamo quale sia il segnale che induce la formazione delle traslocazioni - conclude Pelicci - ma abbiamo capito che questo segnale proviene dall'ambiente".

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

Salute Benessere

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